Perforazioni, investimenti, false promesse, transizione post-carbon mancata. Il petrolio in Italia rimane una realtà promettente sulla carta. BioEcoGeo traccia uno scenario tra l’impegno dei comitati e una visione scientifica non urlata del problema trivelle
Di Emanuele Bompan
Come per il nucleare anche il petrolio tricolore è fonte di ostilità, dividendo il paese tra chi lo vuole come arma di rilancio economico a breve termine e chi crede sia doveroso bloccare ogni esplorazione di idrocarburi.
Le posizioni del governo erano note fino a poco tempo fa. Matteo Renzi diceva: «È impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e in Basilicata… potrei raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 40 mila persone (sovrastimato sulle cifre della Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche, nda) e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini».
Ora che però i “comitatini” sono diventati una forza critica nel paese e che si sta discutendo la Legge di Stabilità considerando i sei quesiti del Referendum proposto dal Coordinamento NO TRIV previsto per la prossima primavera.
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