Una villa da salvare, un comitato di cittadini attivi e una serie di sindaci poco lungimiranti. Siamo a Arco, in provincia di Trento, tra il lago di Garda e le Alpi.
Siamo in una valle tra il lago di Garda e le Alpi dove l’influenza del lago permette a limoni e olivi di crescere rigogliosi.
All’apparenza, percorrendo la pista ciclabile che da Trento corre verso sud, sembra che tutto sia esattamente come dovrebbe. Almeno per quanto riguarda la cura del territorio e delle bellezze paesaggistiche e artistiche lasciate dall’Impero asburgico di cui rimane traccia nelle ville in cui soggiornavano o nei sanatori dove venivano nella speranza di guarire dalla tubercolosi.
Eredità, quella delle ville e dei sanatori, che però non sembra scaldare i cuori delle amministrazioni locali che si sono succedute negli ultimi anni.
«È da quindici anni che la valle è vittima di mal gestione del territorio e speculazioni edilizie. Costruzioni senz’anima, strade e trafori, sembrano le uniche cose che interessano ai sindaci» racconta con evidente emozione Gilberto Galvagni, poeta dalla lunga barba bianca e dal fisico di chi, quelle montagne, le ha scalate più e più volte. «Beni storici di inestimabile bellezza sembrano non interessare a una politica miope. Basti pensare all’Ex Argentina, sanatorio ricostruito ed ampliato con i soldi delle rimesse degli emigrati (da qui il nome) e che, anziché essere recuperato, è stato abbattuto per lasciare posto a una nuova colata di cemento modernista».
È proprio affinché questo non accada più che Gilberto, insieme ad altri cittadini del piccolo paese di ARCO (TN), hanno fondato il Comitato “Salvaguardia Olivaia”.
Del Comitato fa parte anche Chiara Parisi, naturalista specializzata in gestione e conservazione del patrimonio naturale e grande amante degli alberi. «In quest’area esistono numerosi casi di incuria e abbandono ma Villa Angerer è quello più eclatante».
Una villa dell’Ottocento che, oltre ad una splendida architettura presenta 30.000 metri quadrati di parco con piante rare ed esotiche ormai secolari. Vi trovano infatti dimora alberi della canfora, cipressi, cedri, camelie, magnolie e anche un’imponente quercia da sughero ed un eucalipto monumentale».
Negli anni ’30, dopo che la villa venne trasformata in sanatorio e casa di cura per il clero, l’edificio originale venne ampliato con un lungo fabbricato di tre piani e una chiesa.
Oggi questo patrimonio appartiene alla Provincia Autonoma di Trento che però la sta lasciando crollare, insieme al suo parco. «Il dubbio – conclude amaramente Chiara – è che dietro questa incuria ci sia il preciso volere di attendere che tutto vada in rovina per poter togliere i vincoli e finalmente venderla a privati». Villa Angerer ha anche ricevuto più di 3.000 voti nella campagna promossa dal FAI “I Luoghi del cuore”, ma questo non è bastato a risvegliare l’interesse per il suo recupero.
Il comitato è però agguerrito e non intende rimanere con le mani in mano. Organizza incontri, chiede spiegazioni sull’avanzamento di lavori che reputa possano mettere in pericolo il territorio, monitora le ristrutturazioni dei privati nel cuore storico del paese e pretende di essere ascoltato in merito a nuovi progetti come per esempio il famoso Vallo Tomo di Mori, un grande muro che dovrebbe contenere la montagna, evitando frane sulle strade e sulle case, ma con un notevole impatto estetico. Ma questa è un’altra storia.