«Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra in cui si accalcavano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto estirpassero qualsiasi filo d’erba che riusciva a spuntare, per quanto esalassero fumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città». [L.N. Tolstoj, Resurrezione, 1899].
In tempi non sospetti, Tolstoj l’aveva già capito. Che per quanto l’uomo eserciti la propria forza per modificare l’ambiente, spesso in modo violento e perlopiù senza considerarsene parte, la natura tira dritto e dà vita a sempre nuovi ecosistemi, con, senza o malgrado l’essere umano.
Questo succede anche nel bel mezzo di una metropoli come Milano, in un lembo di città affettuosamente chiamato La Goccia, per la forma in cui è forgiato dalle rotaie ferroviarie che lo delimitano. Siamo nel quartiere Bovisa, nel profondo nord-ovest di Milano, in un frammento urbano un tempo dedito – come suggerisce il nome – all’allevamento di buoi, quindi alla coltivazione dei lamponi, che tingevano di rosso il Bitter della vicina Campari. Nel quartiere, trasformatosi a poco a poco in polo industriale, sede di fabbriche chimiche e metalmeccaniche, si insediano anche le Officine del Gas, che dal 1908 al 1991 riforniscono di combustibile tutta la città.
A partire dagli anni ’80, le fabbriche della Bovisa entrano in crisi. È una vera e propria epidemia, che lascia in eredità al quartiere spazi abbandonati, stabilimenti dismessi e terreni inquinati. Alcuni edifici di archeologia industriale vengono abbattuti, altri rimangono lì, ad aspettare. E così, entro i confini della goccia – estesa quanto 100 campi da calcio (800 mila mq) – si trovano i corpi inutilizzati di alcune fabbriche, l’Istituto Mario Negri, una parte del Politecnico di Milano e un grande bosco.
Là dove c’era la città… ora c’è l’erba
Di fondamentale importanza all’interno della Goccia – per estensione, per il parco annesso e per l’alto valore simbolico, storico e urbanistico – è l’area dei gasometri dell’AEM. L’attività industriale chiude i battenti nel 1994 e da allora l’intero complesso è sigillato per via della contaminazione del suolo ed è in attesa di bonifica. Attenzione, però, perché se è vero che il grigio è il colore tradizionalmente associato alle zone industriali, basta sorvolare la Goccia con una qualunque mappa satellitare di Milano per rendersi conto che siamo davanti a un polmone verde. Per dirla in cifre, basti pensare che, l’ultimo e unico censimento sulla flora presente intorno ai gasometri effettuato dalla Guardia Forestale nel 1995, parla di oltre 2000 alberi, molti dei quali monumentali, tra cui platani, tigli, pioppi neri e frassini. Un numero, da allora, verosimilmente aumentato perché, in 20 anni, ne crescono di piante.
Da allora, anche a causa dei sigilli, non è più stato possibile effettuare monitoraggi sull’area. Sulla base di valutazioni di tipo comparativo con i limitrofi parchi della cintura nord di Milano (Parco Nord e Parco della Balossa), è lecito però pensare che la Goccia sia abitata anche da numerose specie animali: ricci, conigli selvatici e volpi, senza contare l’avifauna, che in questa area trova probabilmente un luogo fondamentale di sosta per le migrazioni.
Davanti alla Goccia svanisce ogni dubbio: quando l’uomo divora con voracità e poi abbandona un terreno, la natura se lo riconquista. Non serve essere ambientalisti per rimanere affascinati dal risultato di questo processo di colonizzazione: la natura prende il sopravvento sull’uomo, i tralicci dei gasometri si trasformano in sostegni per i rampicanti, le fratture nell’asfalto si popolano di piante pioniere e il canto del cuculo rimbomba tra gli edifici vuoti. E se è vero che in tanti luoghi “Là dove c’era l’erba, ora c’è una città”, è estremamente interessante trovarsi davanti al fenomeno opposto, perché “là dove c’era la città, ora c’è l’erba”.
Ma proviamo a fare un passo oltre, perché la dicotomia uomo-artificialità, natura-genuinità in questo caso non funziona. Non funziona perché, anche se questo luogo non è “incontaminato”, né tantomeno “vergine”, come le zone più inesplorate della foresta amazzonica, certamente ci troviamo di fronte a qualcosa di estremamente selvaggio, spontaneo e primordiale. Proprio perché fondato su un supporto antropico. E la dicotomia non funziona neppure se si pensa che tra gli uomini grigi che vomitano cemento e il verde naturale ci sono di mezzo degli abitanti del quartiere che stanno battagliando proprio per difendere il verde della Goccia.
Il futuro della Goccia
Abbandoniamo per un attimo il romanticismo e prendiamo in considerazione delle questioni molto pratiche: come valorizzare il patrimonio verde che popola l’area degli ex gasometri e allo stesso tempo renderlo fruibile ai cittadini?
Come spesso accade in questi casi, le risposte più intelligenti per il territorio, non possono che arrivare da chi il territorio lo abita. È il caso del Comitato La Goccia, che ormai da circa 3 anni si impegna affinché l’ecosistema oggi presente nell’area sia tutelato in tutte le sue funzioni: da quelle sull’ambiente, a quelle sul benessere delle persone, sulla salubrità e sull’economia della città.
Le richieste del comitato sono piuttosto chiare: serve prima di tutto un’analisi del rischio derivante dalla contaminazione da inquinanti. Quindi una strategia di bonifica che preveda la salvaguardia degli alberi (ad esempio attraverso tecniche di bioremediation che consentono la rimozione o la neutralizzazione degli inquinanti attraverso dei microrganismi). Serve che la riqualificazione dell’area sia pensata secondo un piano urbanistico di ampio respiro, che abbia la creazione di un polmone verde al centro dei propri obiettivi, che tenga in considerazione che a Milano sono presenti migliaia di edifici vuoti. Soprattutto: serve una reale partecipazione dei cittadini alla pianificazione del quartiere, affinché intelligenze collettive, desideri, bisogni e preoccupazioni siano alla base del futuro della città.