Legambiente lancia al Governo la sfida per una finanziaria Green e formula 15 proposte per la Legge di Bilancio 2017.

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Un modo per rilanciare l’Italia attraverso una serie di interventi che riguardano l’economia circolare e i beni comuni, la riqualificazione edilizia, il consumo di suolo e la manutenzione del territorio, il clima e la mobilità sostenibile. Interventi che premiano gli investimenti innovativi e permettono di reperire le risorse per ridurre il costo del lavoro. Ma per realizzarli è indispensabile che il Governo abbia il coraggio di cancellare rendite e privilegi di cui beneficiano coloro che gestiscono cave, acque di sorgente, concessioni balneari, estrazioni di petrolio e gas. L’eliminazione di questi privilegi consentirebbe, infatti, di generare quasi 2 miliardi di euro ogni anno, a partire dal 2017. Un risparmio che potrebbe essere riutilizzato per rendere la nostra economia più competitiva e più sostenibile. Si tratterebbe di compiere un’inversione di tendenza quasi radicale, ma doverosa, secondo Legambiente che, attraverso la voce della Presidente Rossella Muroni, spiega: “Nell’innovazione energetica, nell’economia circolare, nella qualità dell’offerta turistica, nella valorizzazione delle città, nella diffusione dell’agricoltura biologica si trova la ricetta da seguire per far ripartire la domanda interna e spingere il made in Italy all’estero. Per questo chiediamo di rilanciare investimenti che vanno dal recupero urbano delle periferie alle fonti rinnovabili approvando una finanziaria green“.

Le proposte si articolano su quattro 3 filoni principali: il primo prevede un intervento con effetti immediati nella Legge di stabilità, per cancellare privilegi e rendite di cui beneficiano coloro che gestiscono cave, acque di sorgente, concessioni balneari, rifiuti, trivellazioni di petrolio e gas. Il secondo filone di interventi punta ad aprire “il calderone della fiscalità in settori dove fino ad oggi hanno dominato complessità e assenza di trasparenza che nascondeva privilegi per alcuni, attraverso sussidi diretti e indiretti, e voci di prelievo senza alcun legame con le stesse accise, bloccando una innovazione capace di generare vantaggi generali e di creare lavoro. Il terzo campo di intervento riguarda l’Iva sull’acquisto di beni e prodotti, dove oggi sono in vigore aliquote diverse, ma anche qui neutrali rispetto al peso che quanto viene acquistato determina nei confronti dell’ambiente.” Il terzo e ultimo intervento propone di “sbloccare interventi a costo zero per lo Stato, ma fondamentali per il territorio e l’economia italiana, capaci di creare lavoro e vantaggi   ambientali, nella riqualificazione del   patrimonio edilizio, nelle bonifiche, nell’autoproduzione da fonti rinnovabili, nel ridare valore a boschi e aree agricole abbandonate, nello spostare investimenti dalle autostrade al trasporto ferroviario pendolare.

Le 15 proposte. Al primo punto si propone di fissare un canone minimo in tutta Italia per l’attività estrattiva pari ad almeno il 20% dei prezzi di vendita dei materiali ottenuti dalle cave, come si fa nel Regno Unito; poi si passa alla penalizzazione dello smaltimento in discarica per spingere il riciclo, al pari di altri Paesi europei, aumentando il costo del conferimento in discarica con una ecotassa. E poi, rimodulare l’IVA su beni e prodotti, attraverso aliquote differenziate tra il 4 e il 22% sulla base di trasparenti criteri ambientali. L’obiettivo è di spingere il mercato e gli investimenti delle imprese verso modi di produzione e consumo sostenibili e a filiera locale; inoltre, portare il canone per il prelievo di acque minerali ad almeno 20 euro per metro cubo; istituire un fondo nazionale per le bonifiche sul modello del “Superfund” americano facendovi confluire le sanzioni pecuniarie dalla legge sugli ecoreati; introdurre un contributo da pagare per il consumo di suolo negli interventi edilizi; eliminare tutte le esenzioni dalle royalties per le estrazioni di idrocarburi aggiornando i canoni per la concessione al livello dell’Olanda; modulare le tasse sulle auto in funzione dell’inquinamento generato e non della potenza dei motori.

Dovendo essere una manovra a impatto fiscale zero, le risorse possono essere trovate, secondo Legambiente, solo cancellando le asimmetrie con l’Europa e, quindi, adeguando le tariffe per l’uso dei beni comuni. In questa direzione va il corposo documento presentato nei giorni scorsi, con l’intento di fare proposte concrete anche sul versante economico-finanziario, oltre ad individuare ed evidenziare le problematiche e le esigenze ambientali del nostro Paese.

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