Carne artificiale: cosa sappiamo, non sappiamo e dovremmo sapere

Lo studio del Professor Lieven Thorrez si propone di fare chiarezza sulla carne artificiale coltivata in laboratorio, in quanto sono ancora troppe le lacune sulla sua produzione e sul suo reale impatto sulla salute e sull’ambiente.

Carne coltivata: cosa sappiamo, cosa non sappiamo e cosa dovremmo sapere”: si intitola così lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Italian Journal of Animal Science dal Professor Lieven Thorrez del Dipartimento di Sviluppo e Rigenerazione in Belgio, allo scopo di fare chiarezza sulle troppe lacune che riguardano la produzione di carne sintetica.
Sono tante oggi le aziende che hanno investito nella carne coltivata in laboratorio, promuovendola come identica in tutto e per tutto alla carne tradizionale degli animali zootecnici, con lo stesso sapore, lo stesso valore nutrizionale, ma senza ricorrere alla macellazione. In realtà, la carne artificiale, impropriamente nota sui media come carne sintetica è ancora nelle prime fasi di sviluppo e la maggior parte delle affermazioni che ne esaltano la qualità, i benefici sulla salute e i vantaggi ambientali, non si fondano su una base scientificamente solida. Nello studio si precisa infatti, che la carne coltivata fatta interamente di cellule non esiste ancora, che i metodi di produzione non sono trasparenti e il reale impatto sulla salute umana e sull’ambiente è poco chiaro.

Carne artificiale: non solo cellule animali

La carne artificiale è infatti un prodotto ibrido che contiene solo in parte cellule animali, in quanto è composta anche da altri ingredienti, aggiunti per migliorarne la consistenza e le proprietà tecno-sensoriali. Si tratta di ingredienti derivati da piante, alghe, batteri o funghi e additivi, quali coloranti, leganti, aromatizzanti, al fine di simulare il più possibile la carne vera. Il prodotto finale è quindi un ammasso di carne macinata assemblata insieme per formare polpette, salsicce e hamburger, che possono essere insaporite con pangrattato, caramello o burro. La carne coltivata differisce enormemente dalla carne degli animali proprio per la mancanza di grasso, ossa, sangue e cartilagini, e anche la struttura del tessuto è diversa. Come descritto nello studio, attraverso l’osservazione delle immagini microscopiche, sono ben visibili le differenze a livello dei miotubi: quelli creati in vitro hanno pochi nuclei, non giungono a maturazione e non possiedono la tipica funzione contrattile del muscolo scheletrico. In definitiva ingeriamo qualcosa che è diverso dalla carne naturale.

Inoltre, sono stati compiuti notevoli sforzi per cercare di sostituire, per motivi etici, il siero fetale bovino come mezzo di coltura, ma senza successo. Infatti, le colture senza siero richiedono matrici speciali con proteine ricombinanti, estratti algali e proteine vegetali isolate, ma hanno troppi limiti, come l’alto costo, i tempi di crescita troppo lunghi e la vulnerabilità alla contaminazione microbica, che impone il mantenimento di elevati livelli di sterilità in ogni fase del processo di coltura. La verità è che il corpo dell’animale è un bioreattore molto complesso che è difficile, se non impossibile, imitare artificialmente, per cui la carne coltivata in laboratorio non sarà mai uguale alla carne vera.

Carne sintetica: i valori nutrizionali

Anche il suo profilo nutrizionale è estremamente diverso. La carne convenzionale è una buona fonte di aminoacidi altamente biodisponibili, è ricca di minerali specifici, come ferro eme e zinco e di vitamine, soprattutto del gruppo B, come la preziosa B12 e vitamina D. Inoltre la carne degli animali zootecnici contiene acidi grassi polinsaturi a catena lunga e composti bioattivi, come creatina e carnosina.
È impossibile riprodurre fedelmente in vitro il grande valore nutritivo della carne, ci saranno inevitabilmente delle carenze in diversi nutrienti critici, di cui si dovrà richiedere la supplementazione. In altri termini, la carne artificiale dovrà essere fortificata. Lo studio cita pubblicazioni a riguardo che hanno dimostrato che il profilo amminoacidico e il gusto delle cellule coltivate non corrispondono ancora a quello della carne convenzionale e la massa di cellule è ancora lontana dall’essere uguale al prodotto finale ambito. Questo perché mancano anche i processi post-mortem di maturazione che determinano la transizione dal muscolo alla carne, per cui il contenuto intracellulare delle cellule coltivate è molto diverso dalle fibre muscolari adulte dell’animale. Un altro punto oscuro è che i processi produttivi della carne coltivata sono in gran parte tenuti segreti, per cui non è possibile valutarne con affidabilità i possibili pericoli, i potenziali contaminanti chimici o biologici e nemmeno il reale impatto ambientale.

Al momento il calcolo di quest’ultimo quando si parla di carne artificiale è basato su ipotesi, in quanto non sono disponibili protocolli che descrivono pienamente il suo processo produttivo. Tutte le affermazioni riguardo alla maggior sostenibilità per un risparmio di energia, di acqua e di sfruttamento del suolo, non hanno trovato conferma negli studi successivi.

Ci sono ancora troppi punti poco chiari e la FAO e OMS a riguardo hanno emesso un documento segnalando ben 53 potenziali pericoli della carne coltivata, tra cui anche il rischio concreto di nuove forme di reazioni allergiche. Nel mondo ci sono attualmente più di 150 aziende attive che stanno investendo fortemente in questo settore, attratte da affermazioni che sono in realtà prive di fondamento scientifico. Per cui lo studio di Thorrez conclude sostenendo che tutti questi problemi dovranno necessariamente essere affrontati, rendendo importante, oltre agli investimenti delle aziende, che venga finanziata anche la ricerca scientifica.

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