Durante l’evento di BioEcoGeo del 13 aprile scorso, in collaborazione con Legambiente, abbiamo discusso di innovazioni e ambiente ma anche di sharing economy.
Se ne parla molto. A volte bene, a volte male. Forse perché Price Waterhouse Coopers già nel 2013 gli conferiva un valore di 15 miliardi di dollari, o forse perché, imprese come AirBnB, ormai fatturano più dei colossi dell’hotellerie. Sta di fatto, che sempre più la sharing economy sta entrando nelle trame della nostra società e la sta profondamente cambiando.
Molte persone non necessitano più possedere oggetti, ma puntano all’accesso e all’utilizzo dei beni stessi (auto, case, oggetti vari) servendosi della rete che mette in contatto domanda e offerta. Da fenomeno sociale, si è velocemente trasformato in un nuovo paradigma economico che, fin da subito, si è presentato come tutt’altro che un piccolo segmento di mercato. La sharing economy oggi crea fatturato, posti di lavoro e nuove opportunità anche per chi è rimasto fuori dal circuito lavorativo.
Certo, esiste un prezzo da pagare, ma a chi parla di “impatto negativo sull’economia reale”, i protagonisti dell’economia della condivisione danno risposte ben precise.
Lo sviluppo del car sharing ha indubbiamente avuto effetti sul lavoro dei taxisti. «Ma non dobbiamo dimenticare – afferma Giovanni Maistrello, Responsabile di car2go, – che grazie a questi servizi sempre meno persone in città hanno un’auto di proprietà. Questo li porta ad aumentare il comparto dei potenziali utenti del servizio taxi (esistono situazioni in cui un taxi può risultare più immediato del carsharing)».
E hanno risposte ben precise anche per chi li attacca sul fronte del settore alberghiero e turistico. Cristina Pagetti, rappresentante in Italia di Scambiocasa.com, afferma con forza che chi vorrà andare in hotel, continuerà a farlo, anche a fronte di offerte ricettive più vantaggiose. «Inoltre – continua Cristina – il denaro che i nostri “scambisti di case e di ospitalità” risparmiano, viene spesso investito in visite guidate, pranzi e cene nei ristoranti locali o attività ludiche a vario titolo. L’indotto turistico non è quindi perso, è solo direzionato verso altri tipi di attività». Anche per Riccardo Boatti di Sailsquare condividere non toglie nulla all’economia reale. «Chiunque abbia una barca –conferma Riccardo – ha tutto l’interesse ad utilizzarla e noi diamo l’opportunità di farlo, incrementando in questo modo il turismo. Skipper e armatori sono ben felici di condividere beni e competenze, ma soprattutto la loro passione per il mare che altrimenti rimarrebbe circoscritta alla cerchia delle amicizie».
Ed ecco comparire un altro aspetto importante della sharing economy: il piacere della condivisione “reale” dell’esperienza con persone conosciute virtualmente in rete. «I nostri utenti – conferma Franco Lo Giudice, Bla Bla Car, – utilizzano il nostro servizio la prima volta per risparmiare, mentre la seconda e quelle successive lo fanno perché si divertono. Inoltre, confermo che il risparmio economico da noi offerto ai clienti, non è economia persa. Un esempio su tutti: chi vuole viaggiare nei periodi festivi si lascia spesso scoraggiare dall’aumento delle tariffe dei treni rinunciando al weekend. Noi offriamo l’alternativa valida per poter viaggiare comunque, recuperando così quell’indotto turistico che altrimenti sarebbe andato perso».
Paradossalmente, l’utilizzo estremo di internet per scambi e transazioni, permette alle persone di conoscersi concretamente molto più che in altre occasioni. «Oltretutto – afferma Benedetta Arese Lucini, UBER – grazie ai feedback lasciati da chi utilizza i servizi, sulle nostre piattaforme circolano milioni di dati e informazioni che finiscono per rendere le persone reali. La rete crea trasparenza e essa permette alla comunità di autogestirsi».
Nel caso di soggetti non idonei o inaffidabili, è infatti la rete stessa che li allontana. Secondo uno studio dell’università degli studi di Bergamo (Dipartimento di Sociologia della comunicazione e dei consumi), è emerso ad esempio che il 75% di coloro che utilizzano Scambiocasa.com considera le persone della rete affidabili e che il 93% degli utenti è soddisfatto del proprio scambio. Sempre da questo studio, traspare un altro aspetto importante: l’84% di coloro che scambiano case sono interessati a parchi e musei e tre quarti di loro preferisce il cibo biologico. Questo non sorprende perché spesso, dietro la scelta della condivisione, c’è anche una motivazione ambientale. Togliere auto dalle città, viaggiare in quattro su un unico mezzo, risparmiare emissioni di CO2 nell’atmosfera, sfruttare una vacanza in barca per parlare di tutela dell’ambiente marino o utilizzare case che altrimenti rimarrebbero inutilizzate.
Ecco, anche perché, a noi la sharing economy non dispiace affatto. E ci piace anche perché sarà una parte considerevole dell’economia del futuro e forse riuscirà, paradossalmente, a rendere molto più reali e concrete le relazioni fra persone.