«I diritti delle donne e altri gruppi di genere oggi giocano un ruolo importante nel contesto climatico, sia nei processi di mitigazione delle emissioni che di adattamento alla nuova realtà climatica del pianeta. Allo stesso tempo sono tra le figure più esposte ai pericoli del climate change».
A parlare è Serena Giacomin, presidente dell’associazione Italian Climate Network che dal 2011 lavora per portare la questione climatica al centro del dibattito nazionale e internazionale. Il nesso per la Giacomin è chiaro: ignorare il legame tra diritti umani e cambiamento climatico e la potenzialità di chi sta già sperimentando questo fenomeno rischia di rendere inefficace qualsiasi politica climatica e ambientale.
I risultati del lavoro di questa associazione si sono visti durante la Conferenza delle Parti (COP 23) tenutasi a Bonn lo scorso novembre. Tra i relatori dell’assemblea plenaria conclusiva figurava infatti, unico rappresentante italiano, Chiara Soletti, coordinatrice della Sezione «Donne, Diritti e Clima» di Italian Climate Network
«Il cambiamento climatico esacerba la condizione di vulnerabilità in cui vivono milioni di persone, amplificando le problematiche e le discriminazioni già presenti all’interno della loro società. E’ importante evidenziare il legame tra questo fenomeno e diritti umani. Le donne che già subiscono diffuse discriminazioni, in molti casi vedono la loro condizione aggravata dagli effetti del cambiamento climatico, talora così gravi da mettere a rischio la loro stessa sopravvivenza», ha commentato a BioEcoGeo, Chiara Soletti.
In Marandi, Nigeria, ad esempio, alle donne è negata, nella quasi totalità dei casi, la possibilità di coltivare la terra perché non hanno diritto alla proprietà. Nei casi in cui venga loro concesso del terreno vengono loro assegnati appezzamenti di scarsa dimensione e limitati mezzi tecnici per la produzione. I cambiamenti climatici creano problemi di sicurezza alimentare e in casi in cui una donna si trovi da sola a dover assicurare il sostentamento per il suo nucleo familiare deve affrontare non solo il clima che cambia, ma anche le limitazioni culturali imposte da un ruolo di genere che non ha scelto.
Nel 2017 Italian Climate Network è stata accreditata come membro ufficiale della Women and Gender Constituency (Costituente delle Donne e delle questioni di Genere WGC), una delle piattaforme per la partecipazione della società civile presenti all’interno della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Questo riconoscimento arriva grazie alla perseveranza di Chiara che si è impegnata a mantenere costante il contributo della Sezione al lavoro di lobbying della Constituency. Una lunga rincorsa che vede l’atto d’esordio della Sezione «Donne, Diritti e Clima» risale infatti al 2015, con la pubblicazione dell’analisi Verso la COP21, serie di articoli che intendevano dare risalto alla relazione, non ancora adeguatamente percepita, tra cambiamento climatico e diritti umani.
«La decisione di allargare l’ambito del nostro lavoro nasce dalla consapevolezza che il cambiamento climatico è una questione trasversale e,come tale, richiede un approccio multidisciplinare» ha dichiarato Federico Brocchieri, Vicepresidente di Italian Climate Network. «Con la creazione della Sezione donne, Diritti e Clima ICN ha cercato di assicurare una migliore visione di insieme di un fenomeno complesso e non sempre di immediata comprensione».
L’ambizione è quella di consolidare il lavoro finora svolto diventando una delle voci di riferimento per l’analisi tra diritti umani e clima in Italia, e di giocare un ruolo sempre maggiore nell’azione di lobbying della Women and Gender Constituency presso l’UNFCCC. Con questo intento è stata avanzata la richiesta di partecipare in qualità di osservatori ai lavori di altri organismi delle Nazioni Unite per verificare come e se vengano prese in considerazione le conseguenze del cambiamento climatico nella protezione dei diritti umani. Per quanto riguarda l’impegno con la Women and Gender Constituency si sta invece lavorando con altri gruppi della società civile per mantenere alta l’attenzione delle Parti sui diritti umani e per vigilare sull’implementazione del Gender Action Plan (Piano d’Azione per l’Inclusione di Genere – GAP), il programma che mira a garantire pari rappresentanza a donne e uomini all’interno dell’UNFCCC. «Siamo soddisfatti e pronti ad andare avanti” – conclude la presidente Giacomin – ma c’è ancora molto lavoro da fare per potenziare la conoscenza dei cambiamenti climatici e dei suoi effetti sulla società»