«Perché prendo acqua in bottiglia? Per essere idratata tutto il giorno!», dice Daniela, 22 anni e un lavoro nella moda. «Al ristorante non te la danno l’acqua microfiltrata», spiega Alberto, 38 anni e un lavoro da social media manager. «E poi tanto è più buona». «L’acqua in bottiglia è più sicura e non ha calcio e non fa venire i calcoli», commenta Giulia, 49 anni, madre e account per una grande multinazionale. Ma la scienza non afferma da nessuna parte questo. «Ah no? Beh ma lo sanno tutti!». Per Ermanno, 62 anni, «l’acqua del rubinetto fa schifo, con un buon pasto ci va una buona acqua». Comprereste l’acqua Evian griffata Chiara Ferragni alla Rinascente di Milano per 8 Euro? Risposta unanime: affermativa. Eccetto Ermanno. «Ferragni, chi?».

Di Emanuele Bompan*

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L’acqua in bottiglia piace, e piace parecchio. Anche ai milanesi. L’Italia è il Paese con il primato europeo e mondiale per consumi di acqua minerale in bottiglia: 206 litri a testa l’anno, vale a dire 29 litri più dei tedeschi, 84 litri più dei francesi e 85 litri più degli spagnoli.  A livello globale davanti a noi ci sono solo Messico e Thailandia. Si tratta di un fenomeno di massa: nove italiani su dieci oggi bevono acqua minerale, il 19% in più rispetto a venti anni fa.

L’acqua e il marketing
Il dato che sorprende di più sono i consumi di acqua in bottiglia a Milano: superiori alla media nazionale. Eppure l’acqua del capoluogo lombardo, con un prezzo di 0,60 € al metro cubo, è tra le più buone, economiche e pulite d’Italia. Ma la moda si sa: detta legge, e non importa se buona o cattiva.
«Un chiaro indice di come il marketing dell’acqua in bottiglia attecchisca anche in una città come Milano, che ha tra le migliori acque del paese», dice Barbara Meggetto, Presidente Legambiente Lombardia. «Non solo: c’è un aspetto culturale che è stato introdotto nel tempo. L’acqua negli anni Ottanta-Novanta era un aspetto di modernità, di status sociale. Inoltre in quel periodo i comuni, non incoraggiavano al consumo dell’acqua del rubinetto. Questa percezione dell’acqua ce la siamo portati purtroppo dietro, a causa anche di scarsa informazione sul tema».
Eppure anche in strada è facile trovare una soluzione a impatto zero.  A dissetare i milanesi ci sono ben 584 fontanelle d’acqua pubblica, chiamate tradizionalmente “vedovelle”, dislocate in tutti i quartieri della città, nei parchi e nelle piazze, vicino alle stazioni e anche nei cortili delle scuole. I draghi verdi, come sono stati poeticamente ribattezzati per il loro caratteristico rubinetto disegnato nel 1931, sono da sempre un elogio alla bontà dell’acqua di Milano. Non solo da qualche tempo MM, la utilities locale, ha installato nel Comune diciotto case dell’acqua, che erogano gratuitamente acqua nelle modalità naturale refrigerata e gasata refrigerata e che quindi è possibile imbottigliare in vetro o nelle comode borracce di alluminio.

BioEcoGeomilano_vedovelle_fontanelleL’acqua in soldoni
Secondo una ricerca condotta da Altroconsumo sulle case dell’acqua lombarde “l’erogazione media di ciascun impianto è di circa 2.500 litri giornalieri, il che significa un risparmio di circa 1.700 bottiglie di plastica da un litro e mezzo, 20 tonnellate di Pet all’anno in meno da produrre, trasportare su gomma e smaltire”.

C’è poi la questione dei costi. Un milanese paga in media una bottiglia d’acqua da 1,5 lt. in plastica 0,30€. Con il prezzo equivalente in acqua del rubinetto potrebbe bere 500 volte tanto. Comportando un risparmio annuo di 200€ circa per una famiglia di quattro persone. Per non parlare di quando si pranza fuori. Secondo FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, il 35% dei milanesi consuma almeno un pasto al giorno fuori casa. Ipotizzando una spesa media di 1,5€ a bottiglia d’acqua a pranzo, si può stimare una una spesa annua assoluta pro-capite (cioè assumendo che si mangi sempre fuori almeno una volta al giorno) di 547,5€.

Vari ristoranti si stanno battendo per eliminare l’acqua in bottiglia, dal cinese gourmet le Nove Scodelle di Piazzale Loreto al delizioso Pasta Madre in zona Porta Romana. Ma la maggioranza sembra poco interessata. In 100 ristoranti selezionati a caso e contatti dall’autore per telefono, solo 12 servono acqua in caraffa, microfiltrata. «Io la chiedo sempre ma raramente me la danno», dice Giulia, 39 anni, impiegata in uno store di Corso Vittorio Emanuele. «Alzano le spalle, dicono abbiamo quella gassata da mezzo litro». Per Alfred, studente Itis, «Prendo acqua in bottiglia quando è inclusa nel menù. Sennò lascio correre. La borraccia di alluminio? È vista male, non è ancora trendy». La regola per l’acqua in caraffa sembrerebbe essere: in pochi la negano, ma altrettanto pochi la offrono. «Gli esercizi pubblici dovrebbero essere tenuti su richiesta dei consumatori a fornire acqua in caraffa o bicchiere», spiega Piero Pelizzaro, Chief Resilence Officer del Comune. «A causa delle crescenti ondate di calore, legate al cambiamento climatico è necessario avere quest’offerta disponibile per i soggetti che lo richiedano». Una pratica utile per l’ambiente e per la sicurezza di cittadini e turisti.

«Oggi serve portare un messaggio chiaro che l’acqua “del sindaco” in città è di ottima qualità», dice Meggetto. «C’è una fascia di popolazione che è ricettiva a questo tema, ma molto è ancora da fare, soprattutto con bambini e ragazzi. Serve una comunicazione ancora più chiara e facilmente traducibile per i cittadini». L’acqua in bottiglia di plastica in fondo è un errore del passato. Un’altra tecnologia da dismettere, poco chic e poco eco.

* Autore del libro Water Grabbing