L’acqua costituisce un’alta percentuale dei nostri corpi, non è dunque difficile intuire che la sua qualità rappresenti un fattore importante per la nostra salute.
Ed è proprio su questo che tutte le pubblicità delle varie acque minerali puntano, alimentando un mercato di scala mondiale ma che nel nostro paese ha preso particolarmente piede.
Così, se l’etichetta ci dice che l’acqua in questione ci depura, ci aiuta a digerire o ci rende i capelli più forti, la compriamo preferendola a quella del rubinetto. “Non si sa mai, in un paesino a soli 700 km da qui hanno trovato dell’arsenico”.
Ma siamo davvero informati su quello che beviamo?
Non è infatti detto che consumare acqua minerale in bottiglia ci garantisca maggior sicurezza. Tralasciando la discutibile affidabilità delle etichette, dietro le quali vi è il business delle certificazioni non sempre limpido, approfondiamo gli effetti che alcuni elementi possono avere sui nostri organismi, indipendentemente dall’essere in acque minerali o di rete.
Prima però, per evitare allarmismi, è doveroso ricordare che la nocività dei contaminanti dipende dalla quantità e dalla frequenza di esposizione. A tal proposito, vi invito a controllare il sito dell’azienda idrica della provincia per controllare le caratteristiche dell’acqua e a informarvi sull’acqua minerale che abitualmente bevete, non di rado infatti si sente “lotto ritirato”.
Partiamo dal calcio, primo indiziato per la ritrosia nei confronti dell’acqua di rete e responsabile dei famosi calcoli renali. Senza dichiarare cause e rimedi, non di mia pertinenza, gli esperti consigliano a chi soffre o potrebbe soffrire di calcoli, acque povere di sodio e di calcio. Ma non è detto che l’acqua del vostro comune non abbia già queste caratteristiche. O, in caso contrario, è facile procurarsi dei filtri appositi, che renderebbero l’acqua anche più sicura di quella minerale perché si controlla il filtraggio.
Per chi invece non ha necessità di quel tipo, la durezza dell’acqua (la percentuale cioè di calcio e magnesio) può recare benefici. Infatti, secondo alcuni studi, assumere nella giusta misura questi minerali costituisce un fattore di protezione per malattie cardiovascolari e osteoporosi.
Ciò che invece rimane un argomento dibattuto, tra allarmismi, ricerche scientifiche non divulgate e forse interessi privati troppo forti, sono gli effetti che i contenitori di plastica possono avere sui nostri organismi.
Che la plastica esposta al sole (si pensi ai trasporti su camion in agosto per esempio) provochi un’alterazione chimica del materiale (PET) è indubbio, ciò che lascia aperto il dibattito è la quantità necessaria affinché gli elementi rilasciati diventino un fattore di rischio. Secondo più studi, temperature tra i 40° e i 60° e la presenza di Co2 (le amate bollicine) aumentano il rilascio di formaldeide, acetaldeide e antimonio. I primi due nella lista dell’Oms dei cancerogeni, il terzo tra i “possibili cancerogeni”.
Allarmismi o no, l’acqua non è una sostanza che solo di tanto in tanto assumiamo, ma inevitabilmente ne facciamo un uso quotidiano. La frequenza di esposizione, dunque, è costante e per tutte le fasce di età, anche per i più vulnerabili. Vale forse la pena giocare d’anticipo e preferire l’acqua in vetro o meglio ancora di rubinetto, dotandosi degli appositi filtri se necessario.
Un altro notevole fattore di rischio è costituito da elementi probabilmente derivati da fertilizzanti e pesticidi: l’arsenico e i nitrati. Soprattutto il primo è considerato tra le sostanze più tossiche, ma fortunatamente la sensibilizzazione è maggiore e i controlli sono frequenti. Cosa meno rassicurante invece è il fatto che non sia stato trovato solo in alcune acque di rete come erroneamente si pensa. È infatti stato trovato anche in acque minerali, per le quali però i controlli sono meno ferrei di quelli per le acque pubbliche.
Anche qui, la soluzione migliore per stare tranquilli è filtrarsi l’acqua da sé,
perché come si dice.. si fa per tre.
Per maggiori informazioni circa gli studi citati, potete approfondire il tema tramite PubMed.