Avanti tutta con gli inceneritori? La conferenza Stato-Regioni ha rinviato al 24 settembre la discussione per l’attuazione dell’articolo 35 del decreto Sblocca-Italia. Attualmente la legge sancisce la realizzazione di 12 nuovi inceneritori che vanno ad allargare il parco dei 42 già in funzione (ma non tutti funzionanti a pieno regime) e ai 6 già autorizzati ma in via di costruzione. Verranno bruciate 2,5 milioni di tonnellate di spazzatura in più, +37% rispetto a oggi.
Ora però il governo potrebbe ridimensionare il numero di termovalorizzatori.

Secondo Chiara Braga, responsabile ambiente del PD, intervistata da BioEcoGeo, «Nell’incontro di approfondimento tecnico con le regioni è emersa la necessità di aggiornare i dati forniti dalle regioni in funzione della pianificazione regionale». Una modifica che potrebbe alterare il numero di impianti per l’incenerimento dei rifiuti.
Nell’analisi prodotta dal Ministero dell’Ambiente la quantità di inceneritori necessari e le relative localizzazioni geografiche sono stati determinati da dati prodotti dalle regioni, che si sono rivelati incompleti. È emerso infatti che è stata usata come base dati una fotografia della situazione relativa al 2013. Numeri che non tengono conto delle politiche regionali e di pianificazione di lungo termine, che includano politiche per la riduzione di produzione di rifiuti, strategie di potenziamento della raccolta della frazione organica e di riciclo dei rifiuti per i prossimi 20-25 anni (i termovalorizzatori hanno un’aspettativa di vita di 30 anni, quindi richiedono un’analisi su analoga scala temporale).
«A viso dei nuovi numeri la quantità d’impianti di termovalorizzazione potrebbe dunque diminuire, anche sensibilmente continua Braga. «O almeno questo è il nostro auspicio». Saranno i nuovi dati a parlare e le richieste delle singole regioni. Come l’Emilia Romagna, letteralmente insorta alla decisione di costruire il nuovo termovalorizzatore sul suo suolo.
Il governo analizzerà dunque attentamente i nuovi dati delle regioni e con buona probabilità annuncerà il piano attuativo aggiornato il prossimo 24 ottobre.
All’opposizione però rimangono critici. «Nessun report tecnico è stato pervenuto», spiega Mirko Busto, parlamentare in commissione ambiente per il M5S, raggiunto al telefono da BioEcoGeo. «Non abbiamo visto ancora i dettagli».
«Gli inceneritori – spiega ancora Busto – non hanno un senso dal punto di vista economico. Noi abbiamo fatto un sondaggio sui costi della differenziata rispetto alla termovalorizzazione ed è risultato che quando il sistema di riciclo entra a regime comincia a essere realmente conveniente. Scegliendo gli inceneritori si blocca il modello di sviluppo dell’economia circolare, dato che per i prossimi 30 anni si dovranno pagare gli inceneritori nuovi e si investirà meno in impianti di riciclo».
Anche le associazioni ambientaliste rimangono saldamente ancorate all’opzione zero.
«Se il governo volesse lavorare sul serio sulla gestione dei rifiuti basterebbe cancellare questa bozza di Dpcm (Decreto Presidente Consiglio dei ministri, nda) e scrivere un nuovo testo per promuovere concretamente l’economia circolare. Basterebbe rivedere completamente il principio di penalità e premialità economica nel ciclo dei rifiuti e il cambio di passo sarebbe garantito», spiega il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. «Con gli inceneritori si condanna economicamente una delle esperienze più avanzate in campo ambientale europeo, la raccolta differenziata, mettendo in crisi uno dei pochi settori industriali che non dipende dall’estero per il reperimento delle materie prime».
In EU a breve dovrebbe essere approvata la Direttiva EU sull’Economia Circolare che dovrebbe garantire nei prossimi anni aumenti sugli investimenti nel settore riciclo riuso.