Oggi a Katowice, in Polonia, è iniziata la COP24, la Conferenza sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite per fare il punto sui problemi, le sfide e le possibili soluzioni per affrontare il riscaldamento globale.

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L’incontro è cruciale per aggiornare e rendere più concreti gli impegni assunti da quasi tutti i paesi del mondo nel 2015, nel corso della conferenza di Parigi sul clima. I partecipanti si confronteranno soprattutto sulla necessità di tagliare molto più drasticamente le emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale gas serra responsabile del riscaldamento globale e immesso in grandi quantità nell’atmosfera soprattutto con le attività umane.

Non mancheranno poi i disaccordi da appianare come, fra i più rilevanti, si affronterà la questione delle differenze su un finanziamento equo per l’attuazione delle norme da parte dei paesi in via di sviluppo e la perdurante divisione tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, una divisione che si pensava che l’Accordo di Parigi avesse appianato. «I paesi del sud del mondo vogliono certezza sulle risorse economiche, con un sistema di rendicontazione e controllo, ma chiedono di non avere misure quantificabili della mitigazione delle emissioni», continua la fonte.
Indonesia, Arabia Saudita, Russia e India, tra quelli che più di tutti spingono in questa direzione. Ma visto dalla loro prospettiva chi non ha ancora messo i soldi sul tavolo sono i paesi occidentali. 100 miliardi l’anno, tanti ne devono sborsare. Non importa se addizionali o divergendo miliardi da cooperazione, prestiti o partnership pubblico-private.

Pesa immensamente il ruolo dell’America del clima-fascista-negazionsta Trump. «Abbiamo perso il nostro peso negoziale», spiega una fonte vicina agli USA che preferisce non rivelare la sua identità per diretto coinvolgimento del processo. «Gli Usa sono la bilancia per fare pressione sugli stati alleati, allo stesso tempo con il potere di spesa necessario per raggiungere gli obiettivi richiesti. I negoziatori sono cauti e l’Europa non da il suo esempio». «L’America che è ancora dentro il negoziato, contrariamente a quanto si dice, ha deciso di tornare ad investire sul carbone, in maniera anacronistica, prendendo una linea negoziale pessima. Però c’è ancora speranza, finché il negoziato prosegue possiamo farcela» afferma Mariagrazia Midulla, Responsabile clima WWF Italia.

«I dati – conclude Midulla – ci dicono che l’EU deve decarbonizzare l’economia entro il 2040 per rimanere nel quadro IPCC di 1,5°. Più tardi si agisce maggiori saranno i costi. I nostri governi sono abituati a gestire le emergenze mai a prevenire. Se agiamo troppo tardi dovremo scontrarsi con rimedi tecnologici alla Blade Runner, come la geo-ingegneria, costosissimi e non certo piacevoli».