
E’ interesse oggi riproporre libro La terza rivoluzione industriale di Jeremy Rifkin, guru della sharing economy (o meglio “economist, writer, public speaker and activist”, come si definisce lui stesso. Perché riparlarne proprio ora? Perché proprio lui aprirà il Forum PA 2016, la due giorni romana dedicata alla pubblica amministrazione. Rifkin viene considerato fra le 150 personalità che influiscono maggiormente sull’amministrazione pubblica degli Stati Uniti e vanta, al suo attivo, importanti consulenze istituzionali e numerosi saggi tradotti in più di 20 lingue.
In un mondo oggi caratterizzato sempre più da esaurimento di combustibili fossili, da esplorazioni “di frontiera” e da cambiamenti climatici, Jeremy Rifkin traccia i profili dell’ormai necessaria Terza Rivoluzione Industriale e dei suoi pilastri. E lo fa in questo testo interessante, costituito da 9 capitoli, decretando la fine dell’era del carbonio e individuando nella cd. Terza Rivoluzione Industriale la via verso un futuro più equo e sostenibile, dove milioni di consumatori possano produrre energia verde in case, fabbriche e uffici e condividerla con gli altri. Secondo l’autore, si dovranno creare le infrastrutture di un’era collaborativa, peraltro oggi emergente, se si vuole progredire.
I cinque pilastri di questa nuova rivoluzione, al centro del capitolo intitolato “una nuova narrazione”, sono identificati nel passaggio alle fonti di energia rinnovabile; nella trasformazione del patrimonio immobiliare esistente in tutti i continenti in impianti di micro-generazione per raccogliere in loco le energie rinnovabili; nell’applicazione dell’idrogeno e di altre tecnologie d’immagazzinamento dell’energia in ogni edificio e in tutta l’infrastruttura, al fine di conservare l’energia intermittente; nell’utilizzo delle tecnologie internet per trasformare la rete elettrica di ogni continente in una inter-rete per la condivisione, fra pari, dell’energia; nella transizione della flotta dei veicoli da trasporto passeggeri e merci in veicoli plug-in e con cellule a combustibile che possano acquistare e vendere energia attraverso la rete elettrica continentale interattiva.
Se tutto questo sembra alquanto futuristico, a una prima lettura, l’interesse delle argomentazioni, che peraltro hanno, da qualche tempo, convinto l’Unione Europea indicata come pioniera nel darsi l’obiettivo di trarre un terzo dell’elettricità che consuma da fonte verdi entro il 2020, convince a poco a poco il lettore che segua attentamente l’Autore nell’analisi dei dati europei relativi all’installazione di impianti eolici (38% della nuova capacità di generazione installata nell’Unione Europea nel 2009), di produzione di energia idroelettrica, geotermica, da biomassa, da conversione dei rifiuti urbani, settore quest’ultimo che si rivela come uno dei più promettenti. Un’attenzione ai “mutui verdi” potrebbe agevolare la conversione degli edifici, nel volerli pensare come “piccole centrali di generazione” autosufficienti, ove banche e istituti di credito eroghino mutui a tasso agevolato, ipotizzando un periodo di 8-9 anni per il recupero dell’investimento grazie al risparmio sulle bollette. E ciò per rimanere al primo e secondo pilastro. Essendo le energie rinnovabili intermittenti, ecco il terzo pilastro: la possibilità di immagazzinare energia nei momenti d’interruzione (sole e vento ad esempio non sono sempre presenti, appunto), grazie a nuove tecnologie e alla possibilità di utilizzo dell’idrogeno. Il quarto pilastro riguarda invece la creazione di una rete info-energetica che permetta a milioni di individui che producono energia per il proprio consumo di condividere quella in eccesso. Un sistema di trasporti elettrici, chiude il ciclo e costituisce l’ultimo pilastro. A chiudere il libro, un capitolo che ipotizza il passaggio dalla globalizzazione alla continentalizzazione, dove una collaborazione sempre più stretta “bilaterale” fra continenti (citato Desertec) è la chiave del presente e del futuro, nell’idea di creare partnership sempre più strette e collaborative fra unioni continentali.
In poche parole, la visione di Rifkin ha un filo conduttore: di fronte alla svolta e ai cambiamenti prospettati, bisogna superare gli schemi precostituiti e adottare nuovi sistemi di dominio e pensiero. Base di questa rivoluzione: la sharing economy, che ridefinisce il capitalismo senza annientarlo, e l’Internet of things (Internet delle cose) che consiste nell’incorporazione di sensori in tutti i tipi di dispositivi, strumenti e apparecchi per far sì che i device entrino in contatto fra loro per semplificare la vita delle persone. Oggetti e persone che si interfacciano in un continuum contraddistinto dall’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi fisici concreti; le vie di accesso alle informazioni si moltiplicano, condizionando le “regole” di dialogo e di comunicazione. “La sharing economy è la (reale) terza rivoluzione industriale”.
J.RIFKIN, La terza rivoluzione industriale. Come il “potere laterale” sta trasformando l’energia, l’economia e il mondo, Mondadori, 2011, pp. 329.
L’appuntamento per ascoltare Rifkin su questi temi è il 24 maggio prossimo al FORUM PA 2016, Palazzo dei Congressi di Roma, http://www.forumpa.it/