Per rallentare la fuga inesorabile del tempo, Sylvain Tesson, nel Piccolo trattato sull’immensità del mondo, percorre il mondo a piedi, a cavallo, in bicicletta, in canoa. Cammina, cavalca nelle steppe dell’Asia Centrale o nel Tibet, ma, a Parigi, scala anche i monumenti a mani nude. Per abbracciare meglio e con forza intensa la terra, per comprenderla, interpretarla ed ascoltarla, passa le notti sulla cima della parigina Notre-Dame, bivacca all’ombra di un albero formoso o sotto un ponte solitario, si fa ospitare da magre capanne minimaliste. Magico solitario, come sempre. Meraviglia ed incanto sono rincorsi e ricercati con energia, alla fine trovati e riscoperti. In una società pervasa dalla continua comunicazione sempre e ad ogni costo, Tesson ci regala ed insegna un nuovo nomadismo, un vagabondaggio gioioso, leggiadro e libero. Questo piccolo libro è davvero rivolto a tutti coloro che almeno una volta nella propria vita hanno sentito la necessità di evadere dalla città, dai grattacieli, dalle case, dagli uffici, dai negozi, dalle metropolitane, dai garage, dai treni, dagli aerei, dagli autobus, dai tram, insomma il bisogno di andarsene lontano, soli con le proprie forze ed i propri umili desideri. Lontano da ogni modernità da ogni forma di civiltà e civilizzazione, vera o presunta tale. Perché spesso quello che chiamiamo civilizzazione non lo è poi così tanto, perché a volte siamo in un mondo che ha perso ogni dimensione e contatto umani, ogni forma di autentica complicità con e tra gli essere viventi.
Al centro dell’opera, tuttavia, non vi è né la critica alla società moderna né al capitalismo o alle sue forme di ricchezza, ma solo le virtu’ del camminare, del tragitto, della via, del viaggio. “Il viaggiatore a piedi decide di e su tutto: dei suoi atti così come dei suoi obiettivi. E’ capitano a bordo del suo viaggio. Pilota una troika composta dal suo corpo, dalla sua anima e dal suo spirito… il cammino si piega a ciò che lui decide…”. Il viandante si fonde con e nell’ambiente, senza recitare.
Chilometri e distanze stimolano il fisico, lo stancano, lo stremano a volte e quasi lo svuotano, ma spingono alla scoperta di noi stessi e della nostra energia. Un’energia solo nostra e con la quale dovremo fare i conti ma che sarà l’unica capace di farci sopravvivere. Il tema dell’apertura incentra il cammino della scoperta introspettiva di sé, l’apertura agli altri, alle loro abitudini ed usi, ai loro difetti, ai loro pregi, attraverso la convivialità e l’ospitalità. Ma anche l’apertura all’immensità della natura seducente e alla sua forza senza fine.
Chi di voi ha letto Into The Wild, capirà il senso di libertà di respirare solo ossigeno libero e puro, il ritmo dei passi in armonia con quello del cuore, alla scoperta di un mondo senza limiti da parte di spirito senza limiti. Sentirà vivo il tocco della natura, la bellezza di accarezzarla dolcemente e teneramente con la punta delle agili dita quasi vellutate di rosa, di toccarla dopo una lunga assenza, lo stesso tepore che si assapora quando si sfiora la persona amata che non si vede da lungo tempo perché distante nello spazio ma non nel tempo e nella mente. Chi di voi ha letto questi testi, così come Walden, riscoprirà l’intimità ritrovata con una natura che apre il cuore, quasi eterna nella bellezza delle sue foreste rigogliose, dei suoi deserti accecanti e delle sue alte montagne rocciosamente spinose.
Perché chi ha percepito queste emozioni nell’inchiostro delle righe, come un vero vagabondo romantico immerso nel celeste, attraverso queste magiche e segrete pagine, potrà arrivare al culmine del cammino, ovvero alla comprensione del segreto delle forme. E perché no delle ombre. Che da ombre diventeranno luce.
Sylvain Tesson, Piccolo trattato sull’immensità del mondo, Guanda, 2006, 137 p.