Si tratta di un riconoscimento oggettivamente significativo quello che il movimento di opposizione al Tav ha ottenuto con la sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) letta a fine di una sessione durata tre giorni e conclusasi l’8 novembre.
Una sentenza che accoglie quindi l’impianto accusatorio – a seguito dell’esposto presentato dal Controsservatorio Valsusa e da amministratori locali – e che quindi ha ritenuto ammissibile le violazioni dei diritti fondamentali dei singoli abitanti e della comunità della Val di Susa con riferimento alla progettata costruzione della linea Tav Torino-Lione.
Non solo: il TPP denuncia, sulla base delle testimonianze, la violazione di convenzioni internazionali da parte degli stati che le hanno sottoscritte e chiede per la Valsusa la sospensione dei lavori e la cessazione dell’occupazione militare.
Nella conclusione del TPP viene segnalato che “sempre più chiaramente si evidenziano anche nei Paesi cosiddetti centrali, situazioni che mettono in discussione e in pericolo l’effettività e il senso delle consultazioni e la pari dignità di tutte le varie componenti delle popolazioni interessate. In questo senso il caso TAV, insieme alle altre vicende segnalate al TPP, è rappresentativo di processi e meccanismi più generali, specificamente importanti nell’attuale fase della evoluzione economica-politica europea e mondiale”.
Di qui la decisione – particolarmente importante – di estendere il procedimento a casi di grandi opere ritenute inutili e dannose analoghe al TAV, con una procedura che si svilupperà nei prossimi mesi.
Recentemente il Tribunale Permanete dei Popoli, con riferimento alle attività delle imprese transnazionali in Colombia, aveva affermato il principio che è diritto fondamentale dei cittadini e delle comunità “essere consultati al fine di ottenere il consenso libero, previo e informato prima di adottare e applicare misure legislative o amministrative che li danneggino, prima di adottare qualsiasi progetto che comprometta le loro terre o territori o altre risorse”.
Il procedimento aperto il 5 novembre è il primo, nei 35 anni di storia del TPP, che affronta problemi di violazione di diritti fondamentali connessi alla realizzazione di un grande opera in Europa: segno che esistono i presupposti per ipotizzare che la Val di Susa rappresenti un laboratorio di ricerca avanzata di una nuova politica coloniale diversa nelle forme rispetto a quelle tradizionali ma non per questo meno devastante.