«Una vittoria per gli oceani, per la pesca artigianale e per l’Europa».  Così l’associazione ambientalista francese Bloom ha definito il voto del Parlamento europeo che interdice definitivamente la pesca elettrica in Europa.
Un voto incerto fino all’ultimo, a causa della pressione degli industriali – specialmente quelli della pesca olandese – che avevano cercato di imporre le loro condizioni alla Commissione, dopo aver ottenuto negli anni diverse deroghe al divieto già introdotto nel 1998.

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Grazie a tali permessi, 85mila pescherecci olandesi (su un totale di 87mila flotte europee) hanno potuto impiegare gli impulsi elettrici per catturare gli animali posti sul fondale marino, come gamberetti e sogliole. La tecnica è però tanto semplice quanto invasiva: le reti in mare inviano impulsi elettrici sul fondale per stordire i pesci che quindi risalgono a galla. Gli ambientalisti di Bloom hanno fatto notare, grazie a diverse relazioni scientifiche sull’argomento, che gli impulsi elettrici portavano alla rottura della spina dorsale di numerosi altri pesci coinvolti nella pesca.

Le associazioni di pescatori che sostengono invece questa pratica dicono che la pesca elettrica, a differenza di quanto si creda, salvaguardi maggiormente l’ambiente rispetto alla pesca con le reti a strascico. Infatti, così facendo le reti elettriche preservano il fondale marino, in quanto non vengono a contatto diretto con esso. L’utilizzo di queste reti ridurrebbe inoltre il consumo di carburante perché, diversamente dalle reti da traino, non vi è alcun attrito con il fondale. Considerazioni queste che non hanno convinto il Parlamento, che invece chiede di riformulare l’intera legge sulla pesca europea, introducendo norme più precise sulle attrezzature da utilizzare (si spera limitando la pesca a strascico dei fondali favorendo quella artigianale), porre limiti alla quantità di pesce catturabile e definire meglio la dimensione minima del pescato: un modo questo per proteggere i pesci appena nati e rallentare così lo spopolamento dei mari.