Politiche Ambientali, Italia penultima in Europa. 9 punti su 100. Sono questi i punti, su una scala che va da 1 a 100, attribuiti al nostro Paese per quanto riguarda le politiche ambientali. Certo, il dato “confortante” è che si trova in ottima compagnia. Spagna, Croazia, Repubblica Ceca, Romania, Lituania, Lettonia, sono tutti paesi affascinanti per diversi aspetti ma che si contendono questo scettro al negativo.
La classifica è stata stilata da due associazioni non governative europee: la Transport and Environment e la Carbon Market Watch. Le ong hanno elaborato e comparato emissioni inquinanti e trend dei vari Stati del vecchio continente. I sempiterni svedesi si aggiudicano il primo posto, seguiti dai tedeschi e francesi. Un classico. Questi paesi, secondo l’analisi in questione, sono il linea con gli obiettivi fissati dall’accordo sul clima di Parigi del dicembre 2015. Ultimo posto della graduatoria è riservato invece alla Polonia in cui persiste l’uso del carbone.
“A Parigi, l’Italia fu tra i Paesi che votarono per lo scenario più ambizioso, un aumento massimo di 1,5 gradi, però le azioni non hanno seguito le parole”. Queste le parole della rappresentante italiana di Transport and Environment, Veronica Aneris. “Le posizioni del governo italiano espresse a Bruxelles non rispecchiano le affermazioni del ministro dell’Ambiente che, in occasione della presentazione del Rapporto del Dialogo nazionale dell’Italia per la finanza sostenibile, aveva dichiarato che la quarta rivoluzione industriale deve essere verde”.
Un vero peccato. L’Italia aveva cominciato bene 13 anni fa. Nel 2004 si era infatti registrato un “trend di diminuzione delle emissioni totali importante, caratterizzato da una velocità di riduzione superiore alla media europea, e anche la quota di energia elettrica da fonti rinnovabili aveva toccato valori da primato”. Poi, la frenata.
Nell’analisi proposta dalle due ong, l’indicatore negativo è rappresentato da mobilità ed edifici. Questi due, infatti, sono i principali responsabili di livello di smog costringendo gli italiani a vivere in una costante condizione di rischio per la propria salute. E non è un caso che Bruxelles abbia aperto su questa questione un contenzioso con Roma.
“Stiamo parlando di un pacchetto di misure che va sotto il nome di Esr, Effort Sharing Regulation”, continua Aneris. “Vale il 60% del totale delle emissioni inquinanti e comprende edifici, agricoltura, rifiuti e piccole industrie. Su questi settori l’impegno europeo è troppo basso: prevede una riduzione del 20% al 2020 e del 30% al 2030 rispetto al 2005. Ma l’obiettivo al 2020 è stato già raggiunto da 23 Paesi su 28. Se non si alza l’asticella non riusciremo mai a rispettare il target molto più ambizioso fissato alla conferenza Onu sul clima di Parigi. C’è però ancora spazio per un miglioramento dei target europei: un’occasione da non perdere se vogliamo respirare meglio”.
Politiche Ambientali, Italia penultima in Europa
