I dati dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) confermano che i trasporti rappresentano il settore che pesa di più sui cambiamenti climatici in Europa. E quel che è peggio è che le emissioni di gas climalteranti (Greenhouse Gas – GHG) in Europa sono aumentate per il terzo anno consecutivo.
Le emissioni dei trasporti rappresentano ora il 27% del totale UE, il più grande pezzo della torta. Le emissioni totali nell’UE sono diminuite costantemente rispetto alle emissioni del 2007, ma dal 2014 la diminuzione si è arresta arrestate, e le emissioni sono diminuite solo del 0,2%.
Il 95% delle emissioni dei trasporti dell’UE proviene da automobili, furgoni, camion e autobus (ovvero il trasporto su strada), e queste emissioni sono in aumento dal 2013 nonostante gli standard di CO2 per auto e furgoni in vigore dal 2009. L’anno scorso, le emissioni dei trasporti sono aumentate del 2,1%.
Questi numeri mettono in discussione la leadership e la capacità dell’UE di rispettare gli impegni degli accordi di Parigi e di limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi. È evidente che l’obiettivo di lungo termine dell’UE (e la necessità) di ridurre le emissioni fino al 95% rispetto ai livelli del 1990 è fortemente a rischio, a meno che non si imponga il controllo sulle emissioni dei trasporti.
Perché, quindi, le emissioni dei trasporti sono ancora fuori controllo, nonostante le misure a disposizione dell’UE, degli Stati membri e delle città?
La ragione di fondo è che la maggiore efficienza nei consumi e l’introduzione di carburanti da fonti rinnovabili non hanno tenuto il passo con l’aumento della domanda di trasporto merci e passeggeri che continua a crescere fortemente.
I governi non sono disposti a introdurre misure impopolari per frenare l’uso dell’auto o dei voli, e allo stesso tempo maggiori movimenti di merci sono visti come una conseguenza inevitabile della crescita economica. Non c’è stato quasi alcun miglioramento nelle emissioni di CO2 delle nuove auto negli ultimi 5 anni; nessun miglioramento di efficienza neppure per i camion negli ultimi 20 anni. I progressi compiuti nell’introduzione di carburanti alternativi o fonti energetiche rinnovabili sostenibili sono tremendamente lenti e si limitano ai biocarburanti di prima generazione che hanno scarso beneficio o che, come il biodiesel, sono peggiori dei combustibili fossili che sostituiscono.
La recente proposta della Commissione europea (presentata l’ 8 novembre scorso) per gli obiettivi di CO2 post 2020 per automobili e furgoni ha rappresentato un regalo di Natale anticipato per l’industria e non riesce a fissare un obiettivo globale sufficientemente ambizioso. La strategia di aviazione del 2015 della Commissione europea non ha proposto nessuna azione per limitare le emissioni di quel settore. In primavera è prevista una proposta sulle emissioni di CO2 dei camion e si vedrà se sarà sufficientemente ambiziosa per affrontare le crescenti emissioni dei camion.
Del futuro della mobilità sostenibile ne parleremo Martedì 5 dicembre
al FIMS – Forum Innovazione Mobilità Sostenibile.
Guarda e iscriviti all’evento
Siamo bloccati in un’impasse, dove le nuove misure per frenare le emissioni di CO2 e le nostre esigenze di trasporto sostenibile si scontrano con l’apatia della maggior parte degli Stati membri. Vi è una forte resistenza e pressione da parte dell’industria automobilistica e dell’aviazione che detengono un immenso potere politico e vogliono mantenere lo status quo per recuperare i loro investimenti correnti il più a lungo possibile. L’indebolimento della recente proposta sull’auto fornisce un altro triste esempio insieme alle discussioni in corso di ICAO per rimuovere i controlli di sostenibilità sui biocarburanti per l’aviazione che cambieranno fortemente l’uso del suolo.
Ciò che non viene considerato dalle nostre industrie è che c’è anche un vantaggio economico nella lotta al cambiamento climatico: investire e sviluppare nuove tecnologie apporta benefici ai consumatori e all’economia in generale, oltre a rendere l’industria stessa più competitiva. L’Europa rischia di cedere un’importante industria non riuscendo a spingerla a innovare. Come è accaduto a Nokia che è stata sostituita da Apple.
La COP di Bonn ha ribadito ogni giorno che il tempo stringe. Stiamo bruciando il nostro bilancio di biossido di carbonio e le concentrazioni di CO2 stanno andando a 500 ppm. Questo implica l’accelerazione dei cambiamenti climatici e un probabile aumento di oltre 2 gradi Celsius della temperatura globale. Più ritardiamo, più ardui saranno i tagli futuri. Per uscire da questa impasse abbiamo bisogno di un cambiamento della cultura politica e di legislatori lungimiranti che si oppongano a interessi specifici e spingano l’industria a trasformarsi e svilupparsi. Non c’è carenza di tecnologia, mancano solo i meccanismi per garantire che venga distribuita. A meno che il corso attuale non sia invertito e vengano prese misure ambiziose (e realistiche), continueremo a riscaldare il pianeta a livelli pericolosamente alti e l’Europa diventerà sempre meno competitiva a livello globale.