Si chiama Leguval (Valorisation of legumes co-products and by-products for package application and energy production from biomass) ed è un progetto di ricerca finanziato dall’Unione Europea che si concentra sui sottoprodotti delle coltivazioni di legumi al fine di assolvere la triplice funzione di trovare un utilizzo per gli scarti dell’agricoltura, trovare alternative ecologiche alla plastica e produrre energia dal biogas degli scarti veri e propri.
Il progetto è realizzato grazie alla collaborazione di 12 partner, tra imprese, centri di ricerca e aziende provenienti da 4 Stati Membri, tra cui l’Italia, insieme alla Spagna, la Slovenia e la Romania.
Lo studio è cominciato nel dicembre del 2013, ma adesso sono in uscita i primi risultati: sono stati studiati i metodi per processare i materiali e sono stati identificati vari sottoprodotti, prendendo in considerazione criteri come i volumi di produzione e la stagionalità.
Quali fonti di proteine attuabili, sono stati selezionati sottoprodotti da piselli, fagioli e lenticchie (tutti i tipi di legumi). Ciò che ne è venuto fuori è confortante per il raggiungimento dell’obiettivo finale: la trasformazione della loro frazione proteica, come materia prima da utilizzare per il packaging ad uso alimentare, ma anche cosmetico.
I residui vegetali dei legumi contengono un 6% di proteine, un 3,5% di amido, un 8% di fibre, il 2% di zuccheri e il 21% di residuo secco. La biomassa che avanza dall’estrazione della parte proteica viene poi aggiunta nei processi di produzione di biogas da digestione anaerobica e serve infine per la produzione di energia. I ricercatori hanno ottimizzato il processo di estrazione per produrre proteine al 95 %, al 67 % e al 64 % rispettivamente in relazione a piselli, fagioli e lenticchie. La potenzialità delle proteine è confermata, ormai, da una nutrita biografia scientifica, che prova come film plastici da esse derivati abbiano un’efficace azione di barriera dall’ossigeno e mantengano una corretta concentrazione di umidità.
Questo è, chiaramente, solo un primo passo perché nella fase successiva, appena cominciata, i ricercatori dovranno testarne la biodegradabilità e compostabilità in conformità con gli standard internazionali (ISO 17088 (2008) e EN 13432 (2000) e dovrà essere fatta anche una valutazione di ecotossicità sui residui che rimangono dopo il compostaggio. Tutto il ciclo di vita di questi sottoprodotti verrà valutato, al fine di testarne la produzione su scala industriale. L’impatto di tale progetto di ricerca è molto elevato se si pensa che, non solo, potrà creare una nuova alternativa alla plastica (potrà sostituire soprattutto materiali come l’etilene vinil alcol (EVOH) o il rivestimento a base di silice), ma potrà darà anche nuovo valore alle colture di legumi rendendone gli scarti una risorsa, e non più solo mangime e fertilizzante, in linea con il concetto di economia circolare che l’Europa sta cercando di portare avanti.