Sempre più miele straniero arriva sulle nostre tavole. Secondo Coldiretti, è quello cinese in particolare ad invadere gli scaffali dei supermercati. Secondo le ultime stime infatti le importazioni di miele straniero sono aumetate del 13% nel 2016 (superando la produzione nazionale) con un aumento delle confezioni cinesi (in Cina è consentito l’uso del polline Ogm, ndr.), ungheresi e rumene.
Questi dati sono emersi da un’analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi 5 mesi dell’anno, diffusa in occasione della presentazione dei risultati produttivi del settore, che vedono un crollo del 70%, soprattutto a causa dell’azzeramento del raccolto di miele d’acacia in Piemonte e Triveneto e di agrumi in Sicilia.
Di che numeri parliamo? Nel 2015 l’importazione di miele si è attestata sui 23 milioni di chili mentre nei primi 5 mesi del 2016 è aumentata rispetto all’anno precedente del 20%. Questo vuol dire che un numero altissimo di confezioni, che si spacciano per “Made in Italy” (e quindi di ottima fattura), sono in realtà importati dall’estero. Come è possibile arginare questo fenomeno? Per Maria Letizia Gardoni, Presidente dei Giovani di Coldiretti, “è necessario adottare quanto prima l’etichettatura d’origine, unico mezzo per garantire ai consumatori di compiere delle scelte consapevoli evitando che siano tratti in inganno”. Come per l’olio di oliva, la parola “Italia” deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di prodotto raccolto interamente sul territorio nazionale, mentre nel caso del miele importato da più paesi dell’Unione Europea, l’etichetta dovrà riportare la scritta “miscela di mieli originari della CE” e ancora, se la provenienza del miele è di origine extraeuropea, la confezione dovrà riportare la dicitura “miscela di mieli originari e non originari della CE”. “Fatta la legge, trovato l’inganno” direbbe qualcuno. Sì, perchè queste regole non valgono se il miele viene utilizzato come ingrediente come accade per cereali, biscotti, torrone, etc. Un danno che va sanato quanto prima perchè colpisce un settore, quello nazionale, che conta circa 50mila apicoltori, con oltre un milione di alverai e un giro di affari stimato sui 70 milioni di euro.