Anche quest’anno, come ogni 21 giugno, nella città cinese di Yulin, verrà celebrato il Festival dell’omonima città che qualcuno in Italia ha provato a tradurre come la “sagra della carne di cane”. Appellativo simpatico, per un’occasione che tutto è tranne che un momento spensierato. Almeno per buona parte del mondo.

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Ogni anno, in questa metropoli di 5 milioni e mezzo di abitanti, vengono macellati circa 10mila cani. Questo a sostegno della credenza esistente in alcune parti della Cina, Vietnam e Corea, secondo la quale la carne di cane ha proprietà terapeutiche miracolose soprattutto per gli uomini.
Essa infatti pare rigenerare le forze perdute, curare alcune malattie e migliorare la capacità sessuale. A difesa di tale Festival, il governo di Yulin ha emanato un comunicato stampa in cui afferma che il festival non è mai stato sponsorizzato da alcuna istituzione governativa e che si tratta semplicemente di un modo tradizionale per celebrare il solstizio estivo.
«La cultura non è mai una buona scusa per essere crudeli» tuona il comunicato stampa dell’ufficio di Pechino della World Animal Protection che stima che ogni anno, in Cina, vengono uccisi 25 milioni di cani.
In realtà però, non si può nemmeno parlare di cultura tradizionale perché il Festival ha visto la sua prima edizione solo alla fine degli anni Novanta.
Tra l’altro, tutto ciò è reso ancora più crudele a causa della terribile convinzione che più il cane sia spaventato al momento della morte e più tenera sarà la sua carne. Il ché porta i commercianti di cani (solitamente provenienti dal mercato nero) a sottoporre gli animali a barbari torture prima di essere uccisi (a bastonate o  simili).
Le Ong si stanno muovendo molto e alcuni risultati sono stati raggiunti.
Purtroppo però ad oggi in Cina manca una legislazione che tuteli gli animali in generale, definendone tanto i comportamenti crudeli nei loro confronti quanto i controlli sanitari necessari nel loro commercio.