Otto nuovi inceneritori: in Umbria, Marche, Campania, Abruzzo, Sardegna, due in Sicilia, Puglia (potenziamento di quello esistente). Per un totale di 1,83 milioni di tonnellate/anno da realizzare. Lo ha stabilito il governo con un decreto del Consiglio dei Ministri confermando quindi le voci che circolavano sempre più insistentemente da mesi.
La decisione è di ieri sera e oggi il dossier con le scelte è sul tavolo della Conferenza delle Regioni, le quali si sono divise sul parere che – fanno sapere alla fine della riunione – sarà comunque positivo, a maggioranza. Il sì definitivo e formale è stato rinviato alla prossima riunione ma si sa già che il sì sarà condizionato all’accoglimento di un emendamento che stabilisca che siano le Regioni stesse a decidere in base all’evoluzione dei piani regionali di raccolta differenziata.
Questo significa che la necessità dell’impianto si verificherà dopo una proiezione sui fabbisogni futuri e in relazione ai piani regionali.
Questo, secondo le maggioranze favorevoli.
E poi ci sono quelle che hanno detto no e sono: Lombardia, Marche, Umbria, Abruzzo e Molise.
«Stiamo smantellando gli inceneritori, questo piano non ha senso – commentata l’assessore lombardo al bilancio, Massimo Garavaglia – Abbiamo detto no e presentato anche un ricorso».
Spicca, tra le varie posizioni, il “ni” della Liguria: ha votato sì ma «la Liguria ha un bacino di popolazione talmente piccolo che non regge da sola un inceneritore», spiega il presidente della Regione Giovanni Toti. Sì agli inceneritori, insomma, ma non a casa mia. E la sindrome Nimby questa volta appartiene a un’istituzione.