Cosa cambierà per le politiche energetiche ora che la Gran Bretagna è fuori dall’Ue?
Che ruolo avrà Londra nell’agenda climatica internazionale? Verranno messi in discussione i patti della COP21?

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Occorre innanzitutto ricordare che l’Unione Europea, fin dalla sua nascita, ha sempre faticato nel trovare con gli Stati Membri accordi su queste politiche in quanto ogni paese ha sviluppato nel tempo un proprio mix energetico.
La Gran Bretagna, per esempio, è ancora molto dipendente dall’energia nucleare e, al momento, non si capisce che ruolo avrà Londra nell’agenda climatica internazionale. Verranno messi in discussione i patti della COP21? Difficile la risposta.
Per l’azienda di consulenza statunitense Frost & Sullivan «Il Regno Unito è già avanti rispetto al resto dell’Ue per quanto riguarda la riduzione della propria capacità produttiva basata sul carbone e delle proprie emissioni di carbonio. Con un impegno a chiudere tutte le centrali a carbone entro il 2025, non ci sono elementi che facciano pensare che questa politica cambierà. Allo stesso modo, il Regno Unito continuerà a portare avanti le proprie principali iniziative per la riduzione delle emissioni, ciò fa parte di un impegno globale e non è legato all’Ue».

Per quanto riguarda il nuovo piano per la costruzione di centrali nucleari (la Gran Bretagna ha 9 centrali elettronucleari in funzione che dispongono complessivamente di 19 reattori operativi e 8 dismessi, ndr. ) vanno sottolineati dei rallentamenti sui progetti già approvati  anche se «il voto per la Brexit porrà ulteriori ostacoli al programma, nonostante le dichiarazioni ufficiali in vista del voto secondo cui EDF e gli altri operatori avrebbero mantenuto l’impegno in questo investimento».

[dropcap]C[/dropcap]omunque, per Frost & Sullivan, era altamente improbabile che «Il Regno Unito riuscisse a  raggiungere i suoi obiettivi in materia di energia rinnovabile per il 2020 come parte dell’Ue» . Un impegno che secondo F&S verrà raggiungiunto solo da una parte degli Stati Membri.
Secondo il primo consulente della Frost & Sullivan, Jonathan Robinson: «Tecnicamente il Regno Unito dovrebbe essere esente da qualsiasi impegno Ue sulle energie rinnovabili, ma il Regno Unito aveva già tagliato i propri sussidi alle energie rinnovabili creando incertezza; ciò aveva ridotto gli investimenti prima del voto sfavorevole all’Ue, ma si prevede che i progetti pianificati vadano avanti, poiché la maggior parte degli sviluppatori sono già attivi nel mercato del Regno Unito e l’uscita dall’Ue non dovrebbe alterare radicalmente tale impegno».

Quale sarà l’impatto sui costi energetici alla corte della Regina?
Per Robinson i prezzi non subiranno grossi rincari mentre «l’impegno della campagna Vote Leave ad eliminare l’IVA sui carburanti difficilmente sarà rispettato, e in ogni caso ciò corrisponderebbe soltanto ad una riduzione del 5%. Non ci aspettiamo che gli scambi commerciali tra il Regno Unito e Francia / Irlanda / Belgio ne siano influenzati».

Ritornando alla domanda principale, quali cambiamenti ci saranno nel Vecchio Continente sotto il profilo delle politiche energetiche? Quello che è certo per il momento è che l’Europa porterà avanti i patti della COP21. Energie rinnovabili, efficienza energetica e riduzione delle CO2 sono politiche imprescindibili, con o senza il Regno Unito.