CROTONE – Sapevamo che nessuno avrebbe fermato lo sciagurato progetto e così è stato. È arrivata la prima colata di cemento che ha coperto un’area all’interno degli scavi archeologici di Capo Colonna, il più importante sito storico della regione calabrese.
A nulla sono valse le proteste dei cittadini (che in questi giorni stanno ancora presidiando l’area, rallentando i lavori) e la bocciatura proveniente dall’ex ministro per i Beni culturali, Massimo Bray, che in un post su Facebook ha così commentato: «Mi domando perché, ancora una volta, non sia prevalsa l’idea di tutela di un bene comune, rispettando la sensibilità dei cittadini». Al coro di critiche al progetto denominato “Spa 2.4 Capocolonna”, si sono unite anche quelle di Andrea Carandini, presidente del FAI, che ha affermato: «Senza conservazione non esiste valorizzazione. Aver sigillato con il cemento, trasformando in un piazzale le vestigia archeologiche appena riemerse sul promontorio di Capo Colonna, dove sorgeva il santuario dedicato a Hera Lacinia, uno dei più importanti della Magna Grecia, non solo mi sembra un atto di inciviltà ma anche di insipienza amministrativa. Una visione miope che invece di valorizzare il sito archeologico più importante della Calabria, proteggendolo, lo sommerge di cemento. L’archeologia non è nemica per definizione della fruizione collettiva. Al contrario valorizza i luoghi, ne riscopre l’essenza storica, ne sancisce l’appartenenza, li lega cioè alla gente che con quei luoghi convive. Per fare un parcheggio che consenta l’uso sociale di una località ad alto pregio paesaggistico e storico non c’è bisogno di condannare alla distruzione perenne proprio quelle vestigia che fanno di Capo Colonna un posto speciale».
Impegnata sul campo, Margherita Corrado, archeologa calabrese, ricostruisce la storia di Capo Colonna in presa diretta: “Progettata e attuata dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e il Paesaggio, la messa in sicurezza dei ruderi portati alla luce nel parco archeologico nell’autunno 2014 si è inopinatamente tradotta nella stesura di un massetto di calcestruzzo rinforzato con rete elettrosaldata su quanto resta del foro della colonia maritima del 194 a.C., con il risultato di tombare definitivamente il cuore della città romana. Il FAI ha dato risalto nazionale alla protesta pacifica della popolazione locale, infruttuosa fino a quel punto, propiziando una sospensione dei lavori da parte del MiBACT, il ministero dei beni culturali, dalla quale mi auguro possano scaturire scelte condivise con la cittadinanza sia circa la sistemazione dell’area forense sia in merito alla copertura parziale delle vicine terme pubbliche, scelte finalmente compatibili con la dignità del Parco e con la necessità di preservare l’integrità del paesaggio in un luogo d’intatta suggestione”.