
Italia, Toscana. James Miller, noto scrittore inglese, è ad Arezzo per presentare il suo ultimo libro, Copia conforme, un saggio sulla relazione tra originale e copia nell’arte. Alla conferenza incontra un’affascinante e stravagante gallerista francese, Elle, che vive nel piccolo paese di Lucignano, con un figlio adolescente che la fa impazzire, e dove gestisce un negozio di antiquariato. La donna è attratta dallo scrittore e, dopo aver assistito alla presentazione del libro, attraverso il suo agente, lo invita da lei. Decidono di fare una gita insieme, durante la quale la proprietaria di un bar, dove si fermano a pranzo, li scambia per marito e moglie. James ed Elle stanno al gioco e trascorrono il resto della giornata fingendo di essere sposati da anni. La loro finzione si rivela così una copia conforme della vita coniugale, nella logica della filosofia che fa da sfondo al libro dello scrittore, e che essi accettano, secondo la quale le cose sono sempre come le facciamo apparire ai nostri occhi.
Il film comincia con una riflessione su realtà e finzione, che lascia il posto a un complicato e surreale dibattito sulle età del rapporto di coppia: l’incontro e la seduzione, la cerimonia del matrimonio, la vita coniugale, la crescita dei figli, la crisi, la convivenza durante la vecchiaia. Il tutto in mezzo a un confronto fra più culture straniere, l’inglese, la francese e l’italiana, e un bellissimo panorama rurale toscano a contorno, fatto di colline verdeggianti, panorami mozzafiato, sole, vecchie pietre, cancelli, cibo e danze.
Un girovagare parlando, fingendo e litigando. Un dramma di vita in uno degli ambienti più belli e piacevoli che si possano immaginare. I paesaggi sono meravigliosi. Lui parla della caducità del sogno di eterna felicità degli sposi, dell’impossibilità di conservare per sempre l’impronta originale dei sentimenti. Poi, però, descrive, attraverso una poesia persiana, la bellezza della vita coniugale matura: è come un “giardino senza foglie. Chi osa dire che non sia bellissimo?”.
La storia fra i due protagonisti è un valzer di coppia continuo, nato un po’ per caso un po’ per gioco, in cui s’inizia pensando che i due non si conoscano e, man mano che il film scorre e le scene si avvicendano, si resta confusi, finendo per pensare che i due siano stati sposati per davvero, per quindici lunghi e difficili anni, e che il loro viaggio sia un ritorno nei luoghi dove hanno festeggiato il matrimonio. Una copia conforme (di un matrimonio) di un originale (lo stesso matrimonio)? Il regista non svela mai la verità del legame tra i due, ma pare voler ragionare sulle reazioni sparse e confuse dei personaggi di fronte al conosciuto / sconosciuto e sulla ricerca dell’essere umano di un ideale (originale) che non esiste, non accontentandosi dell’unicità di quello che ha sempre avuto tra le mani (la copia dell’ideale/originale). Tante le trame possibili.
“Meglio una buona copia che l’originale”, dice la Binoche nel viaggio in macchina verso il bel borgo di Lucignano, profumato, fiorito, luminoso e antico. Come se cercasse di convincere l’uomo che le viaggia accanto, che è lei la copia conforme della donna che lui non ha mai avuto, sia che i due abbiano avuto una storia o meno.
La risposta, alla fin fine, non l’avremo. O forse sì l’abbiamo, perché sta allo spettatore scegliere la propria copia conforme, (re) interpretando il tutto come crede, perché la verità sta negli occhi di chi guarda, come ci vuole dire la scena del confronto tra i protagonisti e un’anziana coppia di fronte a una statua. Di cui riflettere.
Copia conforme, di Abbas Kiarostami, Italia / Iran / Francia, 2009, 106 mn.