6 Aprile 2009, ore 3.32. Un terribile terremoto di magnitudo 5.8 scuoteva l’Aquila e i suoi dintorni. 309 vittime, migliaia di sfollati, decine di case distrutte, un intero centro storico raso al suolo e da ricostruire.
In occasione della consegna del Premio di Laurea Avus e a 7 anni da quel tragico evento, il sindaco della città Massimo Cialente fa l’analisi della situazione attuale de L’Aquila: “Dopo tante difficoltà che mi costrinsero a proteste plateali come quella della restituzione della fascia tricolore sono arrivati i soldi con il governo Renzi”.
La ricostruzione, quindi, può ripartire. Una ricostruzione che porta con sé numeri spaventosi: 3.200 nuclei familiari da ricollocare, 8.260 persone sfollate, una spesa di circa 20 miliardi di euro per la ricostruzione. “Con la prevenzione – ricorda Cialente – se ne sarebbero spesi molti di meno”. Il primo cittadino abruzzese punta di nuovo il dito contro la burocrazia italiana: “L’Italia è il Paese del paradosso perché, se da una parte in assenza di revisione alla macchina scatta il sequestro dell’auto, dall’altra parte viviamo in case di cui non sappiamo lo stato di sicurezza”.
Dietro il dramma abruzzese, però, se ne nasconde un altro, ben lontano dagli occhi delle telecamere e dell’opinione pubblica. Sotto le macerie de L’Aquila si nascondono infatti centinaia di migliaia di metri cubi di amianto rimasti imprigionati dopo il terremoto.
Nel corso del convegno “Amianto e terremoto. Progetto A(z)ZERO Amianto” tenutosi il 12 dicembre scorso nella sede della Pro Loco del comune di Montereale, l’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha tracciato la situazione attuale della Regione. “In Abruzzo manca completamente un Piano Amianto – dichiara il Presidente dell’ONA – pur essendo stati già censiti 641 siti industriali, 4.369 edifici pubblici, 5.544 privati e 222.817 siti con amianto, oltre a 140 mesoteliomi registrati dal 2000 al 2012. L’Abruzzo ha un solo impianto di smaltimento con una capacità di 155mila metri cubi. Gli edifici pubblici liberati dall’amianto sono solo 5, e sono 37 quelli in cui è in corso la bonifica; per gli edifici privati, i numeri parlano di 3.172 bonifiche fatte”.
L’ONA ha stimato che ci fossero più di 46 mila metri quadri di cemento amianto nelle coperture degli edifici, e su circa 2.600.000 metri cubi di macerie l’Osservatorio ha stimato che il 20 % dei siti interessati da crolli possa aver contenuto amianto. Alle 309 vittime del sisma, quindi, si rischia di doverne aggiungere delle altre nei prossimi anni. Parliamo di tutti coloro che hanno lavorato a contatto con i detriti. A Piazza D’Armi, per esempio, gli edifici crollati avevano quasi sicuramente le coperture de tetti in eternit, così come per i camini, per le coibentazioni, per gli impianti.
La questione macerie viene quasi messa in secondo piano dai dati dell’ONA. L’Ente infatti ha censito più di 150 casi di mesotelioma rilevando che l’impatto totale dell’amianto a partire dal 2000 può essere stimato in circa 700 decessi, senza tener conto della capacità adiuvante che l’amianto ha per tutti gli altri tumori e patologie cardiocircolatorie.