cetaceiÈ a rischio l’habitat dei cetacei e dei pesci nel Mar Mediterraneo, sono a rischio le loro abitudini e il loro ciclo di vita naturale e la causa è l’inquinamento acustico dovuto soprattutto a rumori provocati dall’essere umano.

Lo dice il rapporto finale di un progetto internazionale di ricerca commissionato nell’ambito dell’ACCOBAMS (l’Accordo per la conservazione dei cetacei nel Mediterraneo, nel Mar Nero e nelle contigue aree atlantiche), un’intesa del 1996 tra una decina di Paesi: nel 2005 l’inquinamento acustico interessava 67.000 chilometri quadrati (il 3,8% del bacino del Mediterraneo): nel 2013 erano 675.000 chilometri quadrati, pari al 27% del Mare Nostrum.
Un incremento del 907% in otto anni. Un incremento intollerabile per le specie di cetacei che rischiano di vedere modificato irreparabilmente l’habitat naturale, provocando un disorientamento tale da provocare la perdita d’udito, senso che usano per accoppiarsi, per cercare cibo, per rilevare pericoli. La ricerca, condotta da un pool di scienziati italiani, francesi, svizzeri e americani, disegna per la prima volta una mappa acustica dell’habitat marino del Mare Mediterraneo, che va dallo Stretto di Gibilterra a quello dei Dardanelli, escludendo, però, il Mar Nero e l’area Atlantica limitrofa, che pure sono dentro l’ACCOBAMS: i dati sono relativi a 1.446 tra porti e porticcioli, 228 piattaforme petrolifere, 830 attività di esplorazione sismica, 7 milioni di posizioni di navi,nell’arco dell’intero periodo, alle informazioni pubbliche riguardanti le attività militari, e 52 progetti di impianti eolici in mare. I ricercatori hanno sottolineato che, nel periodo dello studio, in media erano 1.500 le navi commerciali contemporaneamente in navigazione nel Mediterraneo, senza contare le imbarcazioni da diporto e i pescherecci.

ODO_capodoglio_ischia_BioecoGeoNel loro lavoro, i ricercatori hanno sollecitato le istituzioni affinché venga istituito un registro dei dati e sottolineato la necessità urgente di predisporre misure di riduzione dell’inquinamento acustico a tutela del nostro mare.
Per fare ciò, è importante avere una visione d’insieme di tutte le attività che si svolgono in mare e non sono poche: dal traffico navale connesso all’attività portuale (turistica e militare), alla pesca, dalla navigazione alle piattaforme per la ricerca e l’estrazione di gas naturale e idrocarburi. E, ancora, si pensi ai sonar navali, alle esercitazioni militari, esplosioni per demolire strutture offshore, brillamento di ordigni bellici, airgun per prospezioni geosismiche, costruzione di opere offshore e sulla costa, impianti industriali offshore. Il rischio e lo stress per gli animali marini è alto, in quanto le fonti di rumore sono, appunto, numerose e diverse, e perciò con effetti cumulativi e sinergici. Sono a rischio le acque tra le isole Baleari e la Spagna, tanto che il governo spagnolo e il Ministro dell’ambiente ha annunciato che quell’area verrà designata come “corridoio di migrazione protetto per balene e delfini”, con conseguenti misure di gestione rigorose per le attività che producono rumore.
Ma a rischio anche il Canale di Sicilia, la parte superiore della Penisola Ellenica e il Santuario Pelagos, quell’area riservata alla protezione dei mammiferi marini compresa tra Costa Azzurra, Principato di Monaco, Corsica, Sardegna, Toscana settentrionale e Liguria.

Infine, il rapporto spiega anche benissimo l’inquinamento acustico prodotto dalla ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas con il metodo “airgun” (arma ad aria compressa): una tecnica di prospezione che consiste in una sequenza di spari di aria compressa in profondità, che rimandano poi onde acustiche da cui si ricavano dati sulla composizione delle profondità marine. Gli spari – che continuano per settimane o mesi al ritmo di uno ogni 10-12 secondi – toccano i 260 decibel. Tutto ciò apre scenari ancora più critici se si pensa alla decisione del Governo italiano di rilasciare nuove autorizzazioni proprio per le prospezioni airgun in diverse aree dei nostri mari, compreso quella al largo delle isole Tremiti.

Tutto questo, nei giorni di campagna referendaria, fa ancora più riflettere.