Lo studio “The nexus between forest fragmentation in Africa and Ebola virus disease outbreaks” è stato condotto da ricercatori del Politecnico di Milano, della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, della Massey University, New Zealand e dell’Università della California a Berkeley
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Esiste un nesso fra la perdita di foresta in Africa e l’insorgenza dell’ebola?
Lo studio The nexus between forest fragmentation in Africa and Ebola virus disease outbreaks appena pubblicato su Nature Scientific Reports analizza la relazione fra recenti (2004-2014) focolai di ebola e la frammentazione connessa alla deforestazione in Africa Centrale ed Occidentale.
Le analisi presentate nell’articolo mostrano che casi di insorgenza di ebola nell’uomo si sono verificati in prossimità di foreste altamente frammentate (hotspot di frammentazione).
Alti gradi di frammentazione e l’incremento della stessa nel tempo possono essere considerati dei buoni indicatori dell’aumento di opportunità di contatto fra l’uomo e i serbatoi animali di ebolavirus. La causa è duplice: a causa della deforestazione infatti si determina sia l’introduzione dell’uomo nell’habitat di alcune specie animali, sia un miglioramento di habitat per le specie animali serbatoio del virus.

Facendo uso di dati di copertura forestale ad alta risoluzione spaziale degli ultimi 10 anni è stata analizzata la relazione fra la perdita di copertura forestale, la conseguente frammentazione nelle foreste dell’Africa Centrale ed Occidentale e la prima insorgenza di infezione di ebolavirus nell’uomo (index cases).
Sono stati identificati e studiati 11 casi indipendenti di presunta infezione primaria nell’uomo dovuta alla vicinanza di un serbatoio animale. Dai risultati emerge che i siti di prima infezione di ebolavirus nell’uomo mostrano essere siti aventi una più alta densità di popolazione, copertura forestale, frammentazione e incremento di frammentazione, quando paragonati ai rispettivi valori degli indicatori riferiti al resto della regione (Africa centrale e Occidentale).
È interessante inoltre notare come quando si considerano aree con simile densità di popolazione, l’insorgenza di ebolavirus si verifica in aree altamente frammentate.
Quindi anche se il tasso di perdita forestale nelle aree di prima infezione non è significativamente maggiore di quello osservato nella regione, il passaggio di ebolavirus dal serbatoio animale all’uomo avviene in zone ove la deforestazione sta ridisegnando i margini della foresta incrementando la frammentazione.
“I nostri risultati mostrano come la trasmissione di ebolavirus da serbatoio animale all’uomo sia più probabile in aree forestate altamente disturbate – afferma Maria Cristina Rulli, docente al Politecnico di Milano e prima autrice dell’articolo – Va sottolineato, infine, come benché si presuma che la specie ospite dell’ebolavirus sia Myonycteris torquata e Epomops franqueti (alcune specie di pipistrelli), il nostro studio è robusto verso ogni specifica assunzione di specie animale ospite, purché essa sia selvatica e dimori nella foresta”.
Lo studio è stato condotto da ricercatori del Politecnico di Milano, della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, della Massey University, New Zealand e dell’Università della California a Berkeley.