A 18 anni dalla frana  di Sarno, i canali costruiti per la raccolta delle acque sono pieni di cespugli, terreno e rami per la mancata manutenzione da parte della ditta preposta e si corre il rischio di raccontare altre tragedie.

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Il fatto. Maggio 1998.
L’area del comprensorio di Sarno fu invasa da un fiume in piena di pioggia e fango che travolse campi, case, chiese e un ospedale, Villa Malta, posto alle pendici della montagna. Franò tutto a causa di 240/300 millimetri di pioggia caduti nell’arco di 72 ore e di circa due milioni di metri cubi di fango che si staccarono dal monte Pizzo d’Alvano.
Sul versante orientale, dove sorge il paese di Quindici, in provincia di Avellino, si verificarono una decina di eventi franosi che investirono il paese e uccisero undici persone. Sull’altro versante i paesi più colpiti furono Sarno, soprattutto nella sua frazione di Episcopio, Bracigliano, San Felice a Cancello. 160 vittime ufficiali. Migliaia, invece, quelle che ancora portano nel cuore e negli occhi i segni di quei maledetti giorni.

Pare che solo dieci ore dopo l’accaduto, l’assessore all’ambiente della Regione Campania Angelo Grillo inviò ai sindaci della zona un fax in cui si prevedeva la possibilità di eventi catastrofici: “Segnalasi che la conformazione orografica e le caratteristiche geoambientali del vostro territorio comunale in concomitanza di particolari eventi piovosi in corso in queste ore, possono determinare situazioni non prevedibili di instabilità con conseguenti eventi franosi catastrofici. Tanto si comunica ai fini dell’attivazione di ogni misura necessaria atta a garantire la salvaguardia della pubblica e privata incolumità“.

Le cause
Tra le cause del disastro, neanche a dirlo, la cattiva manutenzione, l’incuria e lo stato di abbandono in cui versavano da anni i canali di scolo di epoca borbonica, i cosiddetti “regi lagni”, che scorrono dalle falde del monte fino a dentro il paese: una volta riempitesi di detriti e acqua e fango, si sono trasformati in colate di fango che portarono via tutto ciò che trovarono sul loro percorso. Successivamente, la prefettura di Napoli decise di attivare una rete di monitoraggio ambientale, realizzata e installata da una società del settore, per garantire un controllo delle piogge e dei loro effetti sull’evoluzione della frana.

La situazione attuale
Dopo 18 anni e 80 milioni di euro spesi per la manutenzione e per la costruzione di 18 chilometri di canali nuovi che dovrebbero assicurare protezione a migliaia di abitanti che hanno con fatica ricostruito fattorie, case e vite, siamo punto e a capo. Mancano i fondi per la manutenzione, con annesso scarica barile di responsabilità e groviglio burocratico. Oggi quei canali sono ostruiti da cespugli, rami, alberi e terreno e ci vorranno mesi, se cominciassero adesso, per ripulirli. Oggi piove e possiamo solo immaginare la paura in cui vivono gli abitanti della zona. Anche perché a ricordare la tragedia di 18 anni fa non sono soltanto gli incubi, ma anche pezzi di archeologia urbana lasciata lì a marcire e a monito per la stupidità e l’incuria umana. Ciò che resta del vecchio ospedale Villa Malta (il nuovo è stato ricostruito a valle) a Episcopio, è ancora lì e solo da poche settimane si è sottoscritto un protocollo d’intesa tra il Comune e l’Asl per la ricostruzione, riutilizzandolo in parte come presidio sanitario e in parte come museo.
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E poi si può ammirare, finanche dall’autostrada, una struttura gigantesca, sempre di proprietà dell’Asl. Giusto sotto la montagna. Una struttura che doveva essere inaugurata proprio nel ‘98, l’anno in cui l’alluvione ricordò a tutti di aver costruito l’edificio più imponente di Sarno nel posto più pericoloso di Sarno. Oggi l’edificio è ancora lì inutilizzato e inutilizzabile. Con tutti i segni del tempo, arrugginito e, chiaramente, vandalizzato.

Per quanto riguarda la foresta che cresce nei canali di raccolta delle acque, la situazione è complicata dalla mancanza di soldi e dalla poco chiara attribuzione di competenze: la società regionale Arcadis, in via di scioglimento, non fa la manutenzione sostenendo che la competenza sia del Consorzio di bonifica dell’Agro sarnese-nocerino ed entrambe le società sono senza fondi. Si aspetta un intervento della Regione che potrebbe sbloccare la situazione destinando fondi, magari quelli del “Patto per la Campania“, al Consorzio di bonifica.

Intanto, sotto la montagna, si continua a guardare il cielo e a sperare che esca il sole.