Il sentiero si inerpica per quasi 10 chilometri tra ponti di legno, cascate e risaie avvolte dalla foresta lussureggiante. Intorno risuona il canto degli uccelli, circa 400 le specie registrate. Passo dopo passo entriamo nel cuore delle montagne del parco Doi Inthanon, uno dei santuari verdi della Thailandia settentrionale, a 2 ore di auto dalla capitale del Nord, Chang Mai.
Un tempo questa era una zona nota soprattutto per la coltivazione dell’oppio, base del famoso Triangolo d’Oro del Siam, con i confini di Thailandia, Laos e Cambogia. Nel lontano 1969 il re Bhumibol Adulyade decise di fermare lo scempio dell’oppio, istituendo un progetto reale di formazione agricola e di ricerca agronomica nel villaggio di Khun Klang. Lo scopo era aiutare le comunità delle colline, di etnia Hmong e Karen, sostituendo il proficuo business del papavero da oppio con altre colture di valore come il caffè, il thè, l’itticoltura della trota iridata e del granchio reale.
Oggi il Doi Inthanon Royal Project costituisce il cuore pulsante del parco naturale, nato nel 1972 e “protetto” dal Re in persona, al fine di promuovere il turismo sostenibile e conservare le tradizioni culturali etniche, dando lavoro anche a molti dei migranti Karen, minoranza frontaliera birmana perseguitata dal proprio governo da oltre 40 anni.
Il Royal Project offre una splendida foresteria, dalla quale partono numerosi trekking nel parco o splendidi percorsi ciclistici per pedalare fino alla cima del monte Intanon (2.565 metri).
Per chi invece è meno sportivo e più interessato alla botanica, meritano sicuramente una visita i famosi roseti, produttori di fiori per la Corte reale e per il pubblico. Da qui, è possibile portarsi a casa una rosa orgogliosamente biologica e degna di re e regine.
Oppure, un’altra visita consigliata, è quella alle serre dove crescono cachi cinesi, frutta pregiata e dove si possono ammirare le insalate coltivate in serre idroponiche.
Chi viene qua, tuttavia, lo fa per fare trekking. Il sentiero che abbiamo seguito dalla strada principale attraversa il parco e porta al villaggio agricolo di Bann MaeKlang Luang e al villaggio artigiano di Bann Pamon.
Case semplici e ben curate, immerse in un paesaggio antico di 300 anni, ancorato all’immaginario di un’Indocina che oggi è difficile ritrovare a causa di un rampante sviluppo economico che non ha risparmiato nemmeno i luoghi più remoti.
Nonostante la corsa allo sviluppo, i Karen hanno però deciso di rimanere a contatto con la natura e perseguire un turismo alternativo. Si chiama Community Based Tourism (CBT) che, tradotto, significa “turismo fondato sulla comunità”. Ci sono, in tutta la Thailandia, oltre 70 programmi: dalle isole del sud alle montagne più settentrionali. E fra questi, il progetto nel parco di Doi Inthanon rappresenta uno dei più riusciti ed interessanti. A sviluppare questo piano ci ha pensato il CBTI, Community Based -Tourism Institute, un istituto thai non-governativo per lo sviluppo sostenibile che ha lanciato in Thailandia una nuova tipologia di turismo a metà tra il viaggio antropologico e l’ecoturismo.
«Lo scopo è lavorare con le persone del luogo, in modo che a beneficiarne siano le comunità locali e non imprenditori stranieri o multinazionali che si preoccupano solo della reddittività dell’investimento e non dell’ambiente o delle persone che in quel luogo abitano», racconta Potjana Suansri, Direttore del Community-Based Tourism Institute. «L’impatto del turismo è elevato, a volte può diventare devastante. Per compensare e contrastare queste conseguenze, è necessario che i profitti rimangano alla comunità affinché possa usarli per preservare i propri luoghi e migliorare l’offerta dei servizi al turista».
Le attività che offrono i villaggi partner del progetto di “turismo fondato sulla comunità” sono molteplici. È possibile noleggiare una mountain-bike ammortizzata e pedalare attraverso la foresta e i campi terrazzati ricoperti di risaie, osservando splendide libellule. Oppure, è possibile divertirsi facendo bird-watching e scoprendo alcune delle 384 specie di uccelli presenti nel parco di Doi Inthanon. Per chi invece non teme di sporcarsi le mani, è interessante l’esperienza di lavoro nei campi imparando, tra una piantina e l’altra, usanze e credenze dell’etnia del villaggio ospitante. E se infine, siete curiosi di capire come si prepara il piccantissimo curry rosso, le donne del paese sapranno mostrarvi come farlo. Attenti solo a non esagerare. Ai locali piace violentemente piccante! Ma anche questo fa parte dell’esperienza del turismo di comunità.
Mae Hong Son, Thailandia. di Emanuele Bompan