Tracciabilità e misurazione della circolarità nel Fashion

Intervista a Francesca Romana Rinaldi, Direttrice del Monitor for Circular Fashion SDA Bocconi School of Management che diffonde buone pratiche di economia circolare nel settore tessile.

Nei percorsi di sostenibilità raccontati su queste pagine, abbiamo spesso mostrato aziende del settore moda che si impegnano da tempo per ridurre l’impatto ambientale (e sociale) di uno dei settori più inquinanti ma anche dal più elevato valore in termini di fatturato.
Secondo dati forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) nel 2020, ad esempio, l’industria del tessile è stata la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell’uso del suolo. Ma allo stesso tempo, ha generato 55 miliardi di euro di fatturato, pari al 31% del giro d’affari complessivo in Europa.

Ecco perché è fondamentale rendere sostenibile questo comparto. 
A dare un contributo alla transizione del settore verso modelli di business circolari è il Monitor for Circular Fashion, un progetto multi-stakeholder composto da aziende leader del settore moda e attori della filiera con il contributo scientifico del Sustainability Lab SDA Bocconi.

Il Monitor, giunto al suo terzo anno d’attività, diffonde buone pratiche di moda circolare. A guidarlo è Francesca Romana Rinaldi che l’ha ideato e progettato con 5 aziende che ad oggi sono divenute 26. L’abbiamo intervistata dopo la presentazione del Manifesto del Monitor presso l’Università SDA Bocconi di Milano.

Perché è importante partire dalla tracciabilità per la misurazione della circolarità?

Misurare la circolarità richiede la raccolta e la condivisione di dati ed input con altri stakeholders. Per estendere la vista del prodotto o progettare la sua seconda vita è fondamentale raccogliere dati su tutte le attività della catena del valore.
Lavorare sulla tracciabilità, il track & trace del prodotto, è fondamentale anche per dare maggiori certezze ai consumatori e agli altri attori della filiera. Infine, partire da uno standard di trasparenza e tracciabilità serve anche ad avere criteri certi per incentivare le aziende del tessile, abbigliamento e calzature.

 

La community del Monitor for Circular Fashion al momento vede solo aziende medie e grandi del settore moda. Al Salone della CRS hai parlato di una volontà di includere anche i piccoli e le startup.

Il Monitor accoglie aziende medie e grandi del settore moda che abbiano una strategia e una governance di sostenibilità, che siano interessati a lavorare sulla partnership di filiera e che desiderino essere frontrunners su temi quali l’ecodesign, la tracciabilità e la trasparenza di filiera, implementazione del Digital Product Passport etc…
Per le grandi aziende essere pronti ad implementare la normativa è meno complicato rispetto alle piccole realtà: la C-Factor nasce per i piccoli player e le start-up con l’obiettivo di metterle in relazione con i partner del Monitor for Circular Fashion. Nel 2023 sono stati coinvolti 16 partecipanti alla C-Factor ma nel 2024 sono previsti nuovi ingressi: stay tuned.

 

Il tema dei rifiuti nel settore fashion è una questione molto calda e molto sentita. Come viene affrontata nel Report del M4CF 2023? 

Nel report 2023 è inserita una parte di risultati sulla gestione dei rifiuti tessili. Tutti d’accordo con la necessità di aderire ad uno dei neonati Consorzi per l’EPR nel tessile: le imprese che hanno partecipato al Monitor for Circular Fashion la mettono al centro dei piani futuri, per affrontare un tema così complesso come quello del fine vita dei capi. Un approccio che parte dall’analisi interna delle proprie aziende e delle filiere per il recupero del pre-consumo, affinché nessuna risorsa vada persa.

Discarica tessile nelle dune del deserto di Atacama in Cile

Una normativa europea condivisa sembra ancora lontana, probabilmente una legge quadro non arriverà prima del 2025; anche in Italia il decreto EPR è in un momento di stallo, proprio per attendere quello che deciderà la Commissione Europea. Ma su un punto c’è totale condivisione sia tra le aziende che tra i Consorzi italiani per la gestione dell’EPR che si sono costituiti fino ad oggi: solo con l’introduzione di incentivi adeguati sarà possibile creare un sistema efficace per il riciclo delle fibre, perché ad oggi sul mercato le fibre vergini hanno un costo inferiore a quelle riciclate.

I risultati di ricerca completi sono disponibili nel report 2023 del Monitor.

Cos’è il Circular Fashion Manifesto?

Il Circular Fashion Manifesto risponde al Sustainability Pledge” della UNECE, invitando tutti gli attori del settore dell’abbigliamento e delle calzature ad agire per la tracciabilità e la trasparenza al fine di accelerare la sostenibilità e la circolarità delle catene del valore in questo settore, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile.
Per il primo anno, il Circular Fashion Manifesto risponde anche alla “Call for Commitment” della DG GROW della Commissione Europea con 8 azioni del Percorso di Transizione dell’Ecosistema Tessile, pubblicato dalla Commissione Europea il 6 giugno 2023.
Le aziende del Monitor for Circular Fashion evidenziano la coerenza dell’esistente “Circular Fashion Manifesto” e delle azioni correlate già implementate dal 2021.

Con l’impegno nel Percorso di Transizione Tessile della Commissione Europea, le aziende del Monitor for Circular Fashion confermano di continuare a lavorare su 8 azioni comuni, tra cui: promuovere e implementare modelli di business sostenibili e circolari; cercare metodi comuni per valutare e confrontare le prestazioni di sostenibilità dei prodotti; migliorare il livello di tracciabilità e trasparenza delle catene del valore attraverso il passaporto digitale; sostenere lo sviluppo di competenze per la transizione verde e digitale; aumentare l’accesso e l’interazione con le PMI.

Progetti pilota di eco design del Monitor for Circular Fashion. Quali sono e come si stanno muovendo? 

Abbiamo presentato le buone pratiche delle aziende parte dell’osservatorio nel Circular Fashion Manifesto. I progetti sono molti e ognuno ha caratteristiche specifiche. Alcuni, come ad esempio lo zaino bimateriale Anima (Save the Duck-RadiciGroup-Vibram-Certilogo-Temera) e la felpa Ela Sweatshirt di lana merino extra fine e cotone biologico (Vivienne Westwood-Oscalito-Albini Group-Temera) hanno già superato la fase di prototipazione e stanno affrontando le sfide dell’ecodesign: dalla scalabilità, al prezzo passando attraverso la vera e propria industrializzazione.
Altri progetti invece, penso agli Eco-designed jeans (Kering-Candiani Denim-Temera) o alla Repairing T-shirt (Oscalito-Albini Group-Cru Le-Temera) sono ancora in fase di prototipazione ma con interessanti caratteristiche: diminuzione dell’85% delle sostanze chimiche e riduzione del 53% dell’utilizzo di acqua rispetto ai jeans tradizionali per i primi, e rammendo creativo per la Repairing T-shirt.

Tutti i progetti sono consultabili sul Circular Fashion Manifesto.

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