Un Deposito Nazionale in cui conferire tutti i rifiuti radioattivi, sia quelli prodotti da ospedali, industrie e laboratori sia quelli dei vecchi impianti nucleari: 90mila mc di scorie in un’unica struttura. Ma dove sorgerà?

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Sul problema dello smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi il nostro Paese ancora segna il passo.
Riprendiamo quindi l’eterna vicenda della creazione del Deposito Nazionale in cui stoccare definitivamente i rifiuti radioattivi italiani,  più o meno a un anno fa quando l’Ispra definì i criteri per la scelta delle aree idonee. Lo scorso gennaio la Sogin Spa – Società Gestione Impianti Nucleari partecipata dal Ministero dell’Economia – consegnò all’Ispra la mappa dei luoghi potenzialmente idonei, ricavata da quei criteri, affinché la valutasse dal punto di vista tecnico.  Lontano dall’acqua, da infrastrutture strategiche, da zone sismiche, da coltivazioni biologiche e protette, da impianti energetici, da aree soggette a frane.
Il 13 marzo la mappa rivista dall’Ispra è arrivata nelle mani del ministro per l’Ambiente e di quello per lo Sviluppo economico e a metà giugno è stata pubblicata la famosa  lista denominata Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) che ha dato vita, in queste settimane, ad un periodo di consultazione pubblica che sfocerà in un Seminario Nazionale dopo il quale verrà emanata la CNAI, Carta Nazionale delle Aree Idonee. A quel punto si parlerà concretamente di una localizzazione. La costruzione dovrebbe iniziare nel 2020 e il deposito dovrebbe entrare in esercizio nel 2024.