“Pianificare a tavolino la decadenza dei prodotti al fine di aumentarne il mercato è reato”. Questo è quanto afferma il Parlamento francese attraverso una legge emanata a luglio
Le anticipazioni raccontano che presto ci saranno più connessioni ad internet che esseri umani sul Pianeta e che, a fine 2015 avremo acquistato più di 2,8 miliardi di gadgets elettronici tra telefoni, smartphone, tablet, computer e televisioni. Con uno scenario di questo tipo, è facile comprendere come sia, fin da ora, necessario iniziare a preoccuparsi di come questi oggetti vengono fabbricati, usati e quanto incidono sull’ambiente una volta smaltiti. Fin dal 2006, grazie alle forti pressioni dei consumatori e di campagne pubbliche sostenute da associazioni internazionali, le più importanti compagnie elettroniche internazionali hanno iniziato il loro percorso verso una produzione più sostenibile nei confronti dei lavoratori e dell’ambiente. Secondo il report di Greenpeace, Green Gadgets: designing the future, nel 2012, per ogni abitante sulla Terra, corrispondevano ben 8 kg di rifiuti elettronici (i cosiddetti e-waste). Un’insostenibile impronta ecologica per il nostro Pianeta.
Finalmente le maggiori compagnie elettroniche hanno capito che, se vogliono mantenere le loro fette di mercato, devono arginare almeno tre dei peggiori problemi della filiera di questi prodotti: l’utilizzo spropositato di energia non pulita, l’uso di sostanze tossiche nel ciclo produttivo e il dilagare di una mentalità “usa e getta” che sta producendo montagne di rifiuti riversati nell’ambiente e mal riciclati.
Su tale scia, iniziano lentamente a muoversi anche i Governi. Il primo paese è stato la Francia che quest’estate ha approvato la prima legge in Europa contro l’obsolescenza programmata.
“Pianificare a tavolino la decadenza dei prodotti al fine di aumentarne il mercato è reato”. Questo è il tema dell’emendamento inserito nel testo della normativa sull’efficienza energetica approvata a luglio dal parlamento francese. I trasgressori saranno puniti con due anni di carcere e 300mila euro di multa. Il decreto definisce il fenomeno come un insieme di scelte illecite e studiate dai produttori che mirano a ridurre il ciclo di vita di un oggetto per incentivarne la sostituzione. Il responsabile del movimento Zero Waste France, Delphine Lévi Alvarès, definisce questa descrizione ‘molto vaga’, ma riconosce senza dubbio che ci si sta muovendo nella giusta direzione.