Il Consiglio Europeo e il Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo sulla Nuova Direttiva sui limiti alle Emissioni Nazionali. Il testo verrà votato in autunno dal Parlamento e poi adottato dal consiglio Europeo.
È Anna Gerometta di Cittadini per l’aria Onlus a raccontare le perplessità dell’associazione che rappresenta in merito all’accordo sul testo dellaNEC, la direttiva europea che ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici dal 2020.
«È una buona notizia perché, almeno, c’è un accordo che si è temuto in più riprese impossibile da raggiungere.
In sostanza, però, non c’è molto a cui brindare per questa intesa che ha visto il Parlamento sostanzialmente inerte o impotente di fronte ai diktat di molti governi degli Stati Membri (in prima fila Inghilterra, Francia, Italia, Romania, Polonia e Bulgaria) che hanno pesantemente abbassato il livello di ambizione della direttiva, rendendosi responsabili di circa 9.400 morti aggiuntive all’anno rispetto alla proposta formulata dalla Commissione che si proponeva di ridurre al 2030 del 52% la mortalità in Europa rispetto al 2005 a causa della cattiva qualità dell’aria. La riduzione decisa equivale al 49,6%.
La responsabilità dell’abbassamento del livello di ambizione della Direttiva NEC è da attribuire completamente ai governi nazionali, non al Parlamento Europeo né alla Commissione. Solo Svezia, Olanda e Belgio hanno chiesto obiettivi di riduzione più ambiziosi. Ciò indica chiaramente che, in Europa, oggi sono i governi nazionali ad ostacolare e abbattere le politiche ambientali comuni abbassandone il livello e, così facendo, favorendo un’Europa più lontana dai (veri) bisogni dei cittadini.
Alcuni di quelli che parlano di necessità di riforma dell’Europa in termini minacciosi dimenticano come, per esempio nel caso della normativa sulla qualità dell’aria, ogni cittadino Europeo possa oggi beneficiare di norme che gli garantirebbero, se rispettate, una discreta qualità dell’aria. Norme delle quali, la gran parte degli stessi paesi, non avrebbero goduto se non avessero fatto parte dell’Unione Europea.
Norme che rappresentano al contempo obiettivi e strumenti per i cittadini. Obiettivi e strumenti che fanno paura ai governi e che quindi – come si è dimostrato oggi – vengono azzoppati perché non siano troppo ambiziosi.
Insomma per proteggere la salute e l’ambiente in Europa non ci si può affidare agli Stati, ma serve un’Europa forte e con spirito ed energia ideale.
LE NOVITÀ
Gli stati membri dovranno mettere in campo azioni aggiuntive da qui al 2020 (poco) ma soprattutto al 2030. Dovranno adottare nuove misure e far partecipare il pubblico nel processo decisionale. Viene regolamentato il PM2,5 che non rientrava nella Direttiva precedente e dovranno attivarsi azioni riguardo il Black carbon. La stima d’impatto è che, rispetto al 2005, nel 2030 ci saranno – sempre che l’implementazione della Direttiva sia completa – circa 48,000 morti premature in meno in Europa.
La delusione di questa revisione sta nel fatto che il testo uscito il 30 giugno dall’accordo di Consiglio e Parlamento è molto peggiore di quello proposto dalla Commissione Europea. Essenzialmente a causa della pressione di alcuni Stati importanti fra cui l’Italia.
- Se parliamo ad esempio dell’Italia, questa ha, in definitiva, ridotto di 6 punti % il target di riduzione dell’ammoniaca (da 22% a 16%) e di 14 punti % quello del PM 2,5 rispetto alla proposta della Commissione e del Parlamento; se si considera che in questi due ambiti stanno la lobby dell’agricoltura e quella dell’industria auto emerge chiaro a favore di chi sia stato rivolto prevalentemente il lavoro del nostro Governo in questi ultimi mesi.
- Sono stati inseriti nella Direttiva vari meccanismi di flessibilità che renderanno più difficile considerare praticamente cogenti le nuove norme e che cos’, automaticamente, annacquano non poco il risultato finale. Per esempio gli Stati potranno fare medie triennali delle emissioni in caso di estati molto secche o inverni rigidi e potranno evitare responsabilità per il superamento dei limiti qualora emerga che le emissioni derivanti da un settore siano maggiori del previsto, come è accaduto per esempio, per dieselgate.
- Il Metano, un potente gas con effetto serra e un precursore dell’ozono che affligge l’Italia per tanti mesi all’anno è stato eliminato dalla lista degli inquinanti regolamentati.»