“Le cozze che i tarantini mangiano e hanno mangiato finora, sono contaminate?”
A chiederlo, all’Asl di Taranto, è l’associazione Peacelink, ma il Dipartimento di prevenzione temporeggia nel rilasciare i dati.
L’ennesimo caso di cittadini costretti ad alzare la voce per il diritto all’informazione su temi connessi all’ambiente e alla salute.
“L’ASL di Taranto avverte la popolazione dei rischi sanitari derivanti dal consumo di frutti di mare del tutto privi di qualsiasi forma di tutela. A seguito delle note vicende che hanno interessato il comparto della mitilicoltura tarantina negli ultimi anni, la Regione Puglia, il Comune di Taranto e l’ASL/TA hanno messo in atto una serie di attività dedicate alla regolarizzazione degli impianti insistenti nel Mar Piccolo e Mar Grande di Taranto, alla sorveglianza delle zone di produzione ed al controllo della vendita dei mitili sull’intero territorio al fine di tutelare la salute pubblica”.
Questa nota è l’unico risultato che appare sul sito della Asl di Taranto se, nel campo ricerca dello stesso sito, si inserisce la parola “cozze” o “mitili”.
Una sola news pubblicata nel luglio del 2013 e poi nessun’altra traccia di notizie o informazioni relative ai mitili di Taranto, tantomeno alle analisi effettuate nel corso di questi anni (fatta eccezione per un rapporto di ricerca pubblicato nel 2015 e relativo allo studio della presenza di diossine, PCB e metalli pesanti nei molluschi del Mar Jonio di Taranto, in periodo antecedente al 2008).
«Perché, dal 2008 ad oggi, non ci sono più dati sulla questione a disposizione dei cittadini? Qual è la qualità della cozza che oggi arriva sulle tavole dei tarantini?»
Queste le domande che Peacelink ha posto al Dipartimento di prevenzione della Asl di Taranto la quale ha risposto chiedendo il nulla osta al responsabile della Struttura Burocratica Legale. Una trafila che non fa pensare a tempi brevi nella risposta.
«Vorremmo scongiurare un ulteriore episodio di contaminazione delle cozze di Taranto ma i recenti fatti di cronaca non fanno ben sperare e metterebbero in allerta chiunque» afferma Luciano Manna fotoreporter e mediattivista di PEACELINK. Ma perché tutto questo timore da contaminazione per le cozze del Mar Jonio?
Un passo indietro
Nel 2011 il presidente del Fondo Antidiossina, Fabio Matacchiera, insieme al presidente dell’Associazione Peacelink, Alessandro Marescotti, denunciano in una conferenza stampa valori elevati di diossine e pcb nei frutti di mare prelevati nel primo seno del Mar Piccolo di Taranto. A seguito di questa denuncia la stessa Asl dovette adoperarsi per verificare i dati che scaturirono dalle analisi autonome, commissionate grazie alle disponibilità economiche del Fondo Antidiossina, provenienti da donazioni spontanee, ed effettuate presso i laboratori dell’Inca di Venezia (Consorzio Interuniversitario Nazionale di Chimica per l’Ambiente). Le successive analisi che la Asl fece dopo quelle degli ambientalisti confermarono i superamenti dei limiti di legge in primavera e decretarono nell’estate dello stesso anno la morte delle cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo destinandole al macero. Di seguito, sempre la Asl di Taranto, emanò un’ordinanza volta a bloccare il prelievo e la movimentazione di tutti i mitili allevati nel primo seno Mar Piccolo di Taranto a cui seguì un’ordinanza della Regione Puglia.
Da dove provengono le cozze vendute a Taranto?
Anche se è vietato l’allevamento delle cozze nel primo seno del Mar Piccolo molti mitili che sono messi in commercio provengono proprio da quello specchio di mare e proprio per questo c’è il serio rischio che si stiano mettendo in commercio cozze contaminate.
Nel dicembre del 2016 Peacelink ha documentato con alcune fotografie inviate alla Procura della Repubblica e al comune di Taranto diverse installazioni di allevamenti abusivi presenti a pochi metri dalla banchina di Via Garibaldi proprio sotto i pescherecci che a quella banchina attraccavano. Ci fu un intervento dei sommozzatori della Guardia di Finanza che sequestrò il prodotto illecito e che metteva a serio rischio sanitario chi lo acquistava. Ma quelle probabilmente non erano le uniche, sono presenti altri allevamenti abusivi nel primo seno del Mar piccolo e i recenti sequestri confermano la provenienza.
Oggi infatti diversi sequestri effettuati hanno confermato che i mitili messi in commercio provengono dal primo seno del Mar Piccolo così come conferma la stessa Guardia Costiera in virtù anche del fatto che molte di quelle allevate nel secondo seno sono morte a causa delle elevate temperature raggiunte dal mare.
La stampa locale ha messo in luce, con diversi articoli, la pericolosità delle cozze che finiscono sulle tavole dei tarantini: dal Quotidiano di Puglia a La Gazzetta del Mezzogiorno. «Non è ammissibile che siano i giornali a farsi carico di informare i cittadini su una questione così grave!» tuonano dalle fila dell’associazione tarantina da sempre impegnata nella salvaguardia della salute e dell’ambiente della martoriata città di Taranto.
«In ultimo – conclude Luciano Manna – come abbiamo già denunciato ad agosto in un articolo, l’intera filiera sembra essere gestita nella totale illegalità ed è evidente come la situazione, sfuggita di mano alle istituzioni, ponga a serio rischio la salute dei cittadini».