
A Milano, presso la Fabbrica del Vapore, ha avuto luogo la seconda giornata dell’Expo dei Popoli, un “fuori Expo” sulla sovranità alimentare, che ha chiamato a raccolta oltre 180 delegati di movimenti contadini provenienti da più di 50 Paesi: Uruguay, Brasile, Quebec, Spagna, Egitto, Benin…
Sul palco stamattina, fra i grandi ospiti, abbiamo ascoltato anche Carlo Petrini, Presidente di Slow Food, che ha incontrato Elizabeth Mpofu, contadina dello Zimbabwe e coordinatrice generale del movimento contadino La Via Campesina, in un dibattito intitolato «Proteggere la biodiversità e garantire l’accesso alle risorse genetiche da parte dei contadini e dei popoli».
«I contadini sono i migliori ricercatori dei nostri tempi – ha sottolineato Mpofu – la sfida che dobbiamo vincere è quella di tornare ad essere padroni di decidere cosa e come produrre, senza permettere ad altri di farlo per noi. Questa è la sovranità alimentare: difendere le sementi indigene, i saperi e le pratiche agricole, così come hanno sempre fatto i nostri antenati».
Carlo Petrini non ha perso l’occasione per tuonare contro le multinazionali e il libero scambio che perpetra un’economia violenta che mortifica gli agricoltori di tutto il mondo (compresi di quelli italiani).
«Il libero mercato in realtà non lo è affatto. Quello che ci propinano è un pollaio in cui le volpi sono lasciate libere di entrare a fare strage. Le volpi le conosciamo molto bene – ha continuato Petrini – fanno grandi affari sulle spalle degli umili, di contadini, pescatori e allevatori di piccola scala. Realtà locali sotto schiaffo del libero mercato, quando invece dovrebbero essere tutelate non solo perché nutrono la maggior parte delle persone ma anche perché preservano la biodiversità».
Il cibo non può rientrare in un’economia di libero scambio perché non è una merce o una commodities (come ce lo stanno sempre più presentando).
Parole invece più pacate e affettuose arrivano quando Carlo Petrini riporta la platea alla cultura contadina, grande patrimonio che nulla ha da temere dal confronto con la scienza. «Saperi tradizionali e scienza devono collaborare in un rapporto paritario perché hanno la stessa importanza».
E infine, ha rimarcato il ruolo attivo dei cittadini (che non sono solo e semplici consumatori – parola che detesta – ) ma che devono stringere vere e proprie alleanze con i coltivatori e sostenere le produzioni locali e genuine.
Il cibo buono, pulito e giusto è un diritto di tutti. E noi dobbiamo darci da fare per continuare a mantenere possibile la sua produzione.