People4Soil, questo è il nome della petizione sostenuta dai cittadini europei contro l’eccessivo consumo di suolo che sta togliendo all’Europa, ogni anno, 1000 km quadrati di suolo fertile in favore della cementificazione.

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La petizione punta a raccogliere un milione di firme in tutto il continente ed è promossa da circa 400 organizzazioni europee che, attraverso la campagna #salviamoilsuolo, vuole ottenere una legislazione specifica per tutelare il suolo a beneficio delle generazioni presenti e future. L’allarme lanciato dalle organizzazioni è preoccupante, nonostante gli sforzi già fatti finora: 1000 chilometri quadrati di suolo fertile, coprendo di cemento un’area grande quanto Roma; in 50 anni è stata cementificata un’area agricola estesa quanto l’Ungheria, mentre il mercato agroalimentari è sempre più dipendente dalle importazioni. E in Italia si registra il dato peggiore di tutti, impermeabilizzando più del 7% del territorio nazionale. E per invertire il trend urgono provvedimenti coerenti con il pacchetto europeo sull’economia circolare, coerentemente con le dichiarazioni che di volta in volta si susseguono dopo catastrofi naturali che hanno sempre a che fare anche con la mano dell’uomo. Sicurezza e paesaggio sono stati colpiti in egual modo dal consumo vorace di territorio. Tra le organizzazioni che sostengono la campagna ci sono Acli, Coldiretti, Fai (Fondo Ambiente Italiano), Inu (Istituto Nazionale di Urbanistica), Legambiente, Lipu, Slow Food, Wwf che, in una nota congiunta, dichiarano: ”Il suolo è un bene comune, come l’acqua e l’aria. Contenerne il consumo vuol dire tutelare il cibo che mangiamo, la nostra sicurezza, la salute dei nostri figli, l’immenso patrimonio della biodiversità. Per questo la sua tutela ci riguarda”.

Per raggiungere l’obiettivo servono provvedimenti specifici: norme che premino il recupero e il riuso degli edifici di qualità. Da questo punto di vista la lunga crisi economica ha aperto un nuovo orizzonte anche per le imprese: adl 2006 a oggi il numero di case costruite è sceso dell’84% (da 261 a 41 mila), la produzione di cemento è diminuita del 60%. La politica del “mattone” non è più conveniente non solo dal punto di vista ambientale e paesaggistico, per questo non lo è mai stato, ma lo è adesso anche sotto il profilo economico. Tant’è vero che tra i sostenitori dei nuovi provvedimenti richiestic’è anche Federbeton, cioè la Federazione delle associazioni della filiera del cemento e del calcestruzzo, che spiega: “Assegnare al riuso e alla rigenerazione urbana un ruolo importante sarebbe un enorme passo in avanti. Chiama il governo a emanare norme di semplificazione in materia e i Comuni a censire le aree dismesse per poi passare ad una fase di pianificazione degli interventi”. Tra le richieste di Federbeton, quella più che mai attuale di inserire nei piani di riqualificazione dei territori già utilizzati anche efficaci misure antisismiche.

Particolare attenzione è data alle norme contenute nel pacchetto europeo sull’economia circolare per quanto riguarda il recupero dei materiali di scarto del processo edilizio. Il mercato virtuoso va, infatti, sostenuto con norme premianti la filiera del riciclo dei rifiuti da demolizione e l’utilizzo di materiali a “raggio corto”, cioè prodotti vicino a luogo di utilizzo.

 

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